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La voglia di studiare, che cos’è e come farsela venire, Massimo Piattelli Palmarini @librimondadori

La scuola è appena ricominciata e tutti sono pervasi da una voglia matta di andarci.

O no?

Per quanto tutti ammettano che i risultati scolastici non siano direttamente legati ai risultati nella vita, la scuola è motivo di paure, gioie, ansie e rifiuti violenti. Eppure, la curiosità è insita nell’essere umano: come mai, a volte, quando ci sono di mezzo materie scolastiche e libri di testo, la voglia di studiare sparisce?

Per rispondere alla domanda, Piattelli Palmarini parte da lontano: dal rapporto tra insegnanti e alunni, ma senza dimenticare il ruolo dei genitori e della loro (ebbene sì!) autostima. Passa poi ad esaminare le varie materie cercando di far resuscitare i motivi per cui possano INTERESSARE gli studenti. Ma lo fa con l’occhio di chi ne ha visti passare tanti, di studenti.

Ad esempio, non restiamoci male se ci dice che studiare le lingue e basta, è pericoloso:

Molti giovani decidono di imparare le lingue invece di studiare. Questa loro decisione è gravida di conseguenze, è rischiosissima. (…) Le lingue si imparano in tanti modi, anche al di fuori del sistema scolastico. (…) Se si spera di diventare qualcosa di più di una segretaria, o di un assistant buyer, occorre fornirsi anche di una qualche competenza specifica. Occorre studiare le lingue mentre si studia altro, non invece di studiare.

Passa poi ad analizzare l’esamite, la paura degli esami, chiamando in causa i riti di passaggio e un po’ di antropologia, ma dando dei consigli più pratici; come questi, ad esempio:

  1. la sottolineatura (es: la sottolineatura deve essere personale, non totale)
  2. come si ripassa, anche quando abbiamo poco tempo
  3. come si prendono appunti senza perdere spezzoni di spiegazione (e qui ci spiega perché non serve registrare le lezioni)
  4. come si scrive un tema e si supera la paura della pagina bianca, o il difetto opposto, la prolissità
  5. i segreti della traduzione e l’importanza di tornare alla lingua in cui si traduce
  6. il compito di matematica e la necessità di fare tutti i passaggi

Segue una parte dove, in forma di piccoli racconti, l’autore ci fa vedere grandi menti davanti ai dilemmi che le hanno tenute impegnate per anni, ma che le ha rese poi famose nei secoli. Mi ha colpito la parte in cui vediamo l’abate Blaise Pascal mentre discute di statistica e giochi interrotti, per poi approdare quasi matematicamente al bisogno di credere in Dio… un salto logico che mi ha lasciata perplessa (dunque ha svolto il suo compito).

Lo studio deve sviluppare la capacità critica e farci scoprire come l’approfondimento di certe materie possa procurare… piacere! Una volta passati gli esami, i contenuti si dissolveranno nelle nostre menti: è normale, è fisiologico: quello che resterà sarà proprio il senso di piacere e la voglia di approfondire al di fuori dei libri di testo.

Gli studenti devono capire che le materie di studio non sono morte e sepolte: ci sono continuamente nuove scoperte o nuovi punti di vista, là fuori. Ma se non abbiamo sviluppato la critica e il senso del gusto (ecco a cosa dovrebbe servire la scuola), non inizieremo mai a cercare per conto nostro.

E’ un libro pensato per gli studenti (delle superiori, secondo me), ma che trovo ottimo anche per i genitori. Non fa male riflettere un attimo sul grado di ignoranza accettabile o sull’impossibilità che gli scimpanzé comprendano i numeri, l’infinito e, dunque (!!!) la morte.

Soddisfatta della lettura!

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E basta con questo Fabrizio Corona!


Pur non avendo la TV, ultimamente in un modo o nell’altro la faccia pizzuta di Fabrizio Corona mi entra in casa ogni giorno.
Apro la mail e Libero, fiero come mai, mi spiattella le sue rivelazioni shock (ma per Libero, se non c’è shock, non c’è scoop); vado su Facebook e c’è sempre qualcuno che posta commenti estremi su questo fotografuccio pieno di soldi e di sé; mi chiama un’amica e mi chiede se ho sentito di Fabrizio Corona…

Ehi, Mondo, ti è mai passato per la testa terrosa che la gente abbia problemi più seri da affrontare che non siano i guai giudiziari (meritati, sembra) di questo arricchito?

Poi mi fermo un attimo.
In fondo, Fabrizio Corona è come il fenomeno della prostituzione: se non ci fosse domanda, non ci sarebbe neanche offerta.
Quante sono le ragazzine (o ex ragazzine) che, facendo lo slalom tra le questioni etiche sollevate da personaggi del genere, acquistano, guardano, giustificano?

Edgar Morin, in “I miei filosofi” (Erickson 2012) dice:
“I divi sono proprio come divinità mortali. Essi hanno da un lato una natura interamente umana, dall’altro appaiono come esseri trascendenti che vivono in un Olimpo meraviglioso. Sono oggetto di culto; come gli dei hanno i loro devoti, i divi hanno i loro fans che si nutrono della loro sostanza superiore, mentre quelli si nutrono a loro volta dell’umanità ordinaria”.
Si sa che uno degli attributi del divino è l’ubiquità.
Allora ecco la maledizione: in questo mondo non si sfugge neanche al dio altrui…

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