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L’albero della vita – Francesco Alberoni

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Il fatto che lo abbia scritto Alberoni non ci costringe mica a leggerlo, questo saggio. In verità, se mi chiedete di cosa parla, ho qualche difficoltà a riassumerlo. Scordatevi che il sottotitolo – Le forze, i desideri, le passioni che ci fanno vivere – sia in qualche modo esplicativo, anzi.

Diciamo che tratta diversi argomenti: dalla paura della guerra, allo spauracchio ecologico, dalla religione, alla morte, dalla capacità del cervello, ai movimenti, alle forze umane distruttive… ecc…

Il filo che lega ogni capitolo è lo Stato Nascente, quello stato di rinnovamento e morte, di euforia e solidarietà che caratterizza la nascita dei movimenti sociali. Ma questo stato è stato esaurientemente descritto nell’altro libro, Movimento e istituzione: l’autore de L’albero della vita, ora, prende quel nocciolo e lo spalma su altri argomenti dandogli un taglio più individualistico, meno sociologico. Tanto per far vedere che la sua teoria spiega tante cosucce. Ma tra un capitolo e l’altro, ogni volta perdevo il filo.

Va bene, è un saggio, non è tenuto a seguire una fabula, un ordine cronologico o di qualche tipo, può farsi guidare solo dai topics, ma non ho capito la linea, la direzione. Non ho capito che razza di albero è questo albero della vita. Forse era proprio questo l’intento di Alberoni: farci capire che le forze in campo quando si parla di uomini sono tante e contrastanti tra loro. Può essere. Va bene, me lo segno.

Per il resto,  qualche parte l’ho sottolineata: o perché mi ci trovavo d’accordo, o perché non condividevo. Per esempio, siamo sulla stessa linea d’onda quando scrive questo:

se l’artificiale diventa monotono, oppressivo, invivibile, ciò non dipende dal fatto che è artificiale, ma dalla specifica forma che ha assunto.

Poi però ci sono diverse parti in cui l’autore si abbandona all’ottimismo, quasi direi: utopia. A parole non nega le difficoltà e le strade sbagliate del progresso e dell’evoluzione umana: accenna alla bomba atomica, alle guerre, al buco nell’ozono. Ma poi la sua visione ottimistica prevale (perché continua a dire che i movimenti e lo stato nascente danno speranza). Non sono d’accordo quando dice

è la vita stessa che produce in noi i desideri giusti, quelli con cui essa vuole continuare a crescere. L’importante è seguire questa traccia, non abbandonarla mai.

Mi ricorda La strategia del gene, di Sabino Acquaviva. Ma i desideri di crescita si possono far valere in tanti modi. Anche combattere il vicino è un desiderio di crescita. Lo definiamo giusto se non muore nessuno, a posteriori. O se muore quello che voleva ucciderci.

Insomma, i tentativi e gli errori del genere umano si moltiplicano, è vero, con l’aumentare delle interazioni. Aumentano le probabilità degli errori e delle azioni a favore della vita. Poi però la decisione ultima spetta sempre al singolo.

 

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Sindaco di Casteldaccia (PA), fai qualcosa!

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Bossi e la sua compagnia non mi sono mai piaciuti. Per me l’Italia ha da restare unita. Ma se l’Italia è una, allora le regole devono valere su tutto il territorio.

Quest’estate sono andata in vacanza in Sicilia a Casteldaccia, a pochi km da Palermo. Già l’albergo in cu ho prenotato è apparso su un reality dedicato ad alberghi in difficoltà, Impossibile hotel (Hotel Solunto Mare): ma pazienza. Mi sono lasciata fuorviare dal bel sito internet (e qui: i miei complimenti), e sono arrivata in un albergo che come prima cosa appena arrivi ti chiedono di pagare in anticipo (e questo messaggio non compariva nella trasmissione, forse l’hanno aggiunto quando Anthony Melchiorri se ne è andato). Un albergo in cui, nonostante le sollecitazioni del reality americano, ancora non c’era nessuno che parlasse bene l’inglese. E dove, nonostante sia andata due volte a spiegarmi alla reception, non sapevano cosa portarmi da mangiare: da vegana, per quattro sere di fila mi son mangiata verdure grigliate. Ma tutto questo non è grave, ci adattiamo.

Quello che è grave è lo stato del lungomare.

DSC01465Queste sono solo alcune foto che ho fatto quando sono uscita per una passeggiata. Un giorno a destra dell’albergo, e un altro giorno a sinistra. La situazione on cambiava. Preciso subito che la spiaggia privata dell’albergo era pulita (anche se un giorno hanno dovuto chiamare i carabinieri perché c’è stata una fuga di nafta da uno dei motoscafi del vicino circolo nautico), ma le strade pubbliche e la spiaggia pubblica erano vergognose!

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E le signore che spegnevano le sigarette sulla spiaggia e ce le lasciavano??

Forse ho sbagliato, non devo rivolgermi al sindaco, ma ai siciliani tutti: gente, riprendetevi la vostra terra! Difendetela dagli zozzoni e non chiudete gli occhi! Ve lo dice una che odia fare le pulizie, ma il segreto è… non sporcare! Nel mio paese a S. Stino di Livenza organizzano una volta all’anno un gruppo di volontari che va a pulire gli argini del canale. Alessandro Gassmann ha lanciato #romasonoio: ognuno pulisce la strada davanti casa sua. Insomma, prima di arrivare a certi livelli, ognuno faccia la sua parte.

Dai, non si possono vedere queste cose, è un peccato mortale rovinare quei bei posti (senza parlare della spiaggia non raggiungibile perché tutte le case sono state costruite una attaccata all’altra, ma questo è un altro discorso, vero?). Ho parlato con alcune persone dello stato del paese, e tutti sembrano dare la situazione per scontata. No! Non si fa così! Anche questa è mafia. non vedo, non sento, non parlo. Per fare le grandi cose, belle o brutte che siano, si comincia dal piccolo.

E per favore, errori di italiano a parte (si invita di gettare?), non dite che questo cartello non si capisce:

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Lettera a un vegano antipatico

Ricetta vegana. Ma immangiabile...

Ricetta vegana. Ma immangiabile…

Se ti rivolgi a un pubblico di mille persone e vuoi convincerle che il tuo punto di vista è quello giusto, non puoi iniziare il discorso dicendo: voi state sbagliando!

Già l’uso del voi e del noi è antipatico. Ma a parte questo, non è molto meglio spiegare le tue ragioni, argomentare, portare esempi, mostrare risultati? Il pubblico, o parte di esso, deve arrivare da solo alla conclusione che il tuo ragionamento è giusto. L’essere umano adora abbracciare le opinioni altrui e far parte di un gruppo, ma lo deve fare di sua spontanea volontà con i dati che gli sono stati forniti.

Se sei vegano e cominci a dire che chi mangia carne e formaggio morirà presto di infarto e di tumore, e che pure se lo merita perché col suo comportamento ha disboscato l’Amazzonia e inquinato gli oceani, come reazione il tuo pubblico uscirà dalla conferenza o dal tuo blog e si andrà a mangiare un hot dog con la salsa cheddar anche se non l’ha mai fatto prima. Anche se l’hot dog gli ha sempre fatto schifo. Era questo il risultato che volevi? Mille salsicce mangiate in più, a forza? E non dire: peggio per loro. E’ peggio anche per te, per tutti. Ed è stata colpa tua.

A volte ho l’impressione che tutti questi forum, siti, blog e tweet vegani siano compiaciuti della propria chiusura, che si accontentino di postare ricette e parlar male degli onnivori (in pochi fanno sana informazione). NO! Non si fa così!

Se sei davvero convinto che lo stile vegan possa fare la differenza, è tuo dovere etico convertire più gente possibile. Ma non ci riuscirai facendo il superiore.

Tornando ai 1000 onnivori, puoi scegliere come affrontarli:

  1. li insulti: dei 1000 spettatori/lettori, tutti resteranno onnivori, e se qualcuno aveva mezza idea di rinunciare al salame prima di incontrarti, tranquillo che non lo farà, anzi, per reazione mangerà più carne di prima.
  2. li informi: non è detto che tutti i mille spettatori/lettori diventino vegani in blocco dopo averti incontrato, ma magari lo faranno due o tre. E gli altri, quando si troveranno davanti al banco della carne, si fermeranno a pensare e, forse, tireranno dritti. Qualcun altro potrebbe farsi vegano cinque giorni alla settimana; qualcun altro ancora potrebbe eliminare le proteine animali continuando ad acquistare scarpe in pelle e pastelli prodotti con lo zoccolo di mucca. Ma va bene così. Credimi, è sempre meglio dell’opzione 1. Un piccolo miglioramento oggi, per una graduale trasformazione domani.

Lo so che la terra sta andando a puttane, ma non è svergognando gli onnivori che la salverai. Dopotutto, non usi cartaigienica e tovagliolini di carta? E’ carta. Sono alberi. Usi carta riciclata? Fidati, l’industria che la produce inquina lo stesso. Usi tovaglioli di stoffa? Beh, li lavi con l’acqua, no?

Sono d’accordo con te: gli animali meritano più rispetto di certi uomini, e i tori, secondo me, dovrebbero incornare tutti i toreri. Ma non esultiamo quando muore un torero, come ho visto fare in certi gruppi di Facebook. Lo sfogo momentaneo produce più estremismo onnivoro di una fiorentina al sangue, credimi. Guarda Valdo Vaccaro: io sono vegana e ho ottenuto un’infinità di benefici da questa dieta, ma quando sento Vaccaro parlare o leggo quello che scrive, il suo sarcasmo è così irritante che vorrei stare da qualunque parte, tranne che dalla sua.

Insomma: datti da fare, diffondi informazioni, ma sii realista e rispettoso.

Un vegano antipatico è un brutto esempio. Peggio: è un esempio inutile.

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