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Il mostro di Milano, Fabrizio Carcano @mursia

Quando sono arrivata alle ultime pagine di questo libro, ho pensato: meno male che – almeno nei libri – si rimedia al caos.

E il rimedio arriva, sebbene non dica come, per non spoilerare, e sebbene questo rimedio sia di dubbia moralità. E’ comunque stato un sollievo, perché la chiusura del cerchio non era così scontata, stando a come procedeva la storia.

Si tratta di un libro a metà strada tra il giallo e lo storico, che affonda le radici in una serie di omicidi realmente avvenuti tra il 1969 e il 1971, di cui si è poco parlato perché concomitanti con la strage di piazza Fontana e il suicidio (?) Pinelli.

Carcano ha una serie di meriti. Innanzitutto, complimenti per la ricerca storica: proprio perché si tratta di storia recente, molti dettagli erano “pericolosi”, molti li avrebbero dati per scontati, e, sebbene ci sia almeno un errore (mi pare relativo all’entrata in produzione di un modello di auto), ce ne sono tantissimi altri che mi hanno sorpreso (ad esempio, il passaggio dai taxi color verde a quello giallo). Mi è rimasto il dubbio in merito all’Autan, ma sto aspettando risposta alla mail che ho scritto alla ditta produttrice per sapere se era già in voga in quegli anni.

Altro complimento l’autore se lo merita per il linguaggio, o, meglio, i linguaggi utilizzati; mi riferisco innanzitutto al milanaccio (uè, però io son ‘na beluga, mica lo capisco tutto, eh?) e al poliziesco/malavitoso: mi è particolarmente rimasta impressa l’espressione “essere in bandiera”, per riferirsi a chi è latitante.

Anche le motivazioni dei personaggi sono ben costruite, e di personaggi qui ce ne sono molti, davvero. Forse però, e qui parlo a sentimento mio, proprio il protagonista suonava un po’ stonato: solo un po’. Nel senso che, avendo bisogno di un commissario bello e dannato, Carcano gli ha creato una causa di dannazione che – in un mondo violento come può essere quello dei poliziotti – non so se è davvero credibile al 100%. Mi piacerebbe sentire l’opinione di qualcuno che ha letto il libro: è possibile, è del tutto verosimile che Maspero finisca in una tale depressione, insonnia e vuoto di valori dopo aver ucciso (per difendersi) una ragazza sconosciuta perché ha scoperto che era incinta? E che continui a sognarsela di notte e che abbia bisogno di stordirsi di alcool, gioco d’azzardo, fumo e metedrina?

Mi è piaciuto molto anche come l’autore è riuscito a intersecare il mondo della polizia milanese con quello ecclesiastico, e mi è piaciuto un casino (secondo me è il personaggio più interessante, e spero che in un futuro libro gli sia dato molto più spazio) padre Jadran, della Congregazione del Sant’uffizio: i tramacci della Chiesa attizzano sempre:-)

Due aspetti che mi son piaciuti un po’ meno:

a) Ho capito che Maspero fuma Gitanes, non è necessario ricordarcelo a ogni pie’ sospinto (io odio il fumo!!);

b) L’uomo della copertina non è mica tanto ben proporzionato… come fa ad avere il braccio a quell’altezza?

Nel complesso, comunque, un libro perfetto sotto l’ombrellone (ma anche d’inverno, dai, una Milano così cupa sta bene anche davanti a un caminetto).

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Sabbie mobili – Sybille Bedford

Quicksands

Quicksands


Ammetto la mia ignoranza: sebbene The Independent abbia definito la Bedford come “la più sofisticata e raffinata scrittrice del XX secolo”, io non l’avevo mai sentita nominare.

E devo ammettere che non mi sono innamorata qui dello stile di questa scrittrice: troppo frammentaria, troppi salti temporali, troppe parti in cui dà per scontato che il lettore conosca le persone che ha incontrato, troppa gente di cui non dice il nome per paura di offendere i parenti ancora in vita, troppi sottintesi, troppe parentesi e troppi corsivi di cui non ho capito l’utilità.

Eppure la lettura alla fine mi ha rapita. La Bedford è una sradicata di cui non si può non ammirare la vitalità (anche se non capisco perché una per essere definita femminista debba passare attraverso le forche caudine dell’omosessualità, quasi fosse un passaggio obbligato in quegli anni e quei circoli). Lo sradicamento ha in sé una componente avventurosa che è lontanissima dal mio vissuto e che, dunque, un po’ invidio – senza arrivare ad invidiare la vita notturna, le risse e il giro di morfina e alcool.

Soprattutto invidio la sua cerchia di amici e conoscenti: Maugham, Huxley, Virginia Woolf e altri del suo giro, le sorelle Mitford, la famiglia di Thomas Mann… e quando non si trattava di questa gente qui, erano comunque persone legate al mondo letterario o giornalistico. Insomma: gente che legge!! (Quando non scrive)

Qui, da questo punto di vista, è un mortorio; encefalogramma non piatto: spento!

Riporto qui un paio di frasi bellissime con cui mi trovo in sintonia:

Restare monolingue riduce la mente entro i binari di una linea tranviaria. La mente evoluta ha bisogno di diverse alternative per esprimersi.

I frammenti di capolavori classici e contemporanei – stile o versi – se si ha l’occasione di incrociarli al momento giusto, penetreranno nella nostra percezione come elementi fondamentali del nostro lavoro futuro.

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