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Leggere in altre lingue?

Mai e poi mai avrei pensato di arrivare al punto di leggere la Sirenetta, soprattutto la versione edulcorata, tratta dal cartone animato della Disney: bellissime principesse vittime del cattivo o della cattiva di turno, nessuna sfumatura psicologica, e… unico scopo nella vita di una donna: cercarsi un uomo!

Ma come primo livello di cinese, si può fare. Certo, ci metterò un anno a finire di leggere 86 pagine (disegni inclusi), ma già noto una differenza: mentre all’inizio dovevo tradurre ogni singolo carattere (e vai di Pleco app), ora, a pagina 55, qualche cosa già me la ricordo senza controllare tutti i tratti.

Insomma, se per leggere 5 righe (e capirne il significato) ci impiego “solo” mezz’ora, sono fiera di me stessa.

Ovviamente non ho iniziato con la lettura tout court. Il mio primo testo è stato “Dialogare in cinese 1” di Magda Abbiati e Zhang Ruoying (ed. Cafoscarina, con CD incluso), che ho comprato su Amazon a metà del prezzo; purtroppo due capitoli sono saltati: mi sono trovata i capitoli 47 e 48, che farebbero parte del secondo volume… errore di stampa o di fascicolazione? Boh, ho scritto all’editore ma non mi ha mai risposto.

Non importa: il libro di Abbiati-Zhang mi ha dato una spolveratina delle regole di base.

Senza internet, tuttavia, sarei molto più indietro, soprattutto a livello di ascolto: YouTube è una miniera di racconti brevi, e un gran passo in avanti l’ho fatto con LingQ, un sito in cui si può ascoltare e importare testi di propria scelta (il fondatore è Steve Kaufman, canadese, capelli bianchi e una ventina di lingue all’attivo): l’ascolto, in realtà, è quello che prende meno tempo, perché una volta che hai una playlist te la puoi sparare in macchina quando vai al lavoro o dal dottore.

Non leggo spesso libri in lingua straniera: almeno, non tanto spesso come quelli in italiano. Però cerco di tenermi in esercizio sulle lingue che uso al lavoro (inglese, tedesco, francese e spagnolo, nell’ordine di conoscenza): diciamo, un libro per lingua all’anno.

Lo spagnolo l’ho imparato da sola l’anno scorso: è una conoscenza molto passiva, lo scrivo e lo parlo malissimo. Ma riesco a leggermi un libro in lingua originale, e questo era il mio scopo iniziale (poi riesco a capire una mail commerciale? Echissenefrega?).

Il cinese è ancora allo stato brado… non so se riuscirò mai a parlarlo, o a capire qualcuno che mi parla in mandarino, ma lo scopo principale, anche qui, è leggerlo.

Mi ci vorranno anni, molti, prima di leggere “Piccole donne” in cinese: il libro è sullo scaffale che mi aspetta, me lo ha regalato mio marito di ritorno da un viaggio a Shanghai.

Forse “Piccole donne” sarà già troppo difficile, nonostante il testo inglese a fronte…

Bah.

Allora ho un altro paio di libri per bambini…

E poi potrò darmi da fare con gli aforismi di Confucio e le poesie (poesie??) di Mao Zedong…

Ma forse mi sarà più utile il testo di Zhang Jie, a cura di Serena Zuccheri (Hoepli, CD incluso), visto che ha un glossario cinese-italiano alla fine…

Anni, anni, anni.

Ok, prendiamocela con calma. Già è difficile trovare mezz’ora al giorno, tutti i giorni… ma sì, si può fare, basta non fare le pulizie e consumare molti surgelati.

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Qualcosa di vero – Barbara Fiorio

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Giulia, una donna in carriera, si ritrova quasi ogni sera a raccontare favole alla figlia della vicina. La bimba, Rebecca, ha quasi nove anni. Solo che le fiabe non sono quelle che sconosciamo noi, slavate e potate di tutte le violenze raccontate nelle versioni originali: Giulia ha il coraggio di raccontare alla bimba le storie vere, dunque se le principesse sono stupidotte e i principi ancor di più, lo dice. Se le storie finiscono male perché un bambino muore, lo dice. Se vengono fatti a pezzi personaggi e Biancaneve vomita un pezzo di mela anziché venir risvegliata da un bacio, lo dice.

La cosa però non tarda a venir pubblicizzata a scuola dalla stessa Giulia che si è appena trasferita e ha scoperto un bel modo per farsi degli amici. Poi la narrazione si allarga a una mamma in fuga dal marito manesco e al collega di Giulia che ci prova ma non si capisce.

Commento: i bambini non sono mica così. Le descrizioni dei compagni di classe di Giulia secondo me sono troppo ingenue: non ce li vedo bambini di otto, nove anni a raccogliersi attorno a una loro coetanea perché racconta le favole vere. Mio figlio ha quasi otto anni, vedo i suoi amici, e continuo a dirmi che questi qui non lo farebbero mai. Secondo me purtroppo si sta già perdendo il senso del racconto: i bambini sono tutti presi da App e TV. Mio figlio adora “Hansel e Gretel cacciatori di streghe” e gli è piaciuto anche il film sulla vera Biancaneve, ma una cosa è vederli al cinema, un’altra cosa è farseli raccontare da una coetanea.

Altra faccenda poco probabile: la Gilda del Cerchietto, cioè il gruppo di bambine che prende di mira Rebecca. I bambini, quelli veri, non si schierano così. C’è qualcosa che non mi torna in queste ragazzine perfettine che vanno in giro per la scuola in cerca di ammiratori.

Anche la mamma di Rebecca è una plasticcona: parla poco e, per quanto esaurita dalla recente fuga dal marito, non trovo verosimile il comportamento che tiene nei confronti di Giulia quando scopre che ha raccontato le favole vere alla figlia, anche se è reduce da un incontro con la preside per colpa di queste storie. E’ il personaggio meno riuscito del romanzo.

Infine, lo stile. Il romanzo inizia con una lingua molto, molto ironica, sfacciatamente simpatica, sembra quasi spasimare per ammirazione; e ammetto che questa fantasia verbale (le battute, le similitudini, le metafore…) sono ben ingegnate, anche se alla lunga stancano. In realtà, non fanno in tempo a stancare perché da circa metà romanzo, non ce ne sono quasi più. Come se ci fosse stata una cesura. Mi si dirà: il cambio di registro è dovuto all’evolversi della storia, abbiamo una donna maltrattata dal marito, non si può far tanto i simpatici. Però il cambio di registro inizia prima, come se si fosse esaurita la spinta iniziale e ci si concentrasse ora più sulla fabula che sullo stile.

Barbara Fiorio conosce sì bene le fiabe, e di ciò gliene siamo grati, ma questo romanzo non finirà nella lista dei miei preferiti. La storia fila, ci sta, ma non mi convince del tutto.

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