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Una biografia di Thomas Mann (Ronald Hayman)

Uno scrittore scrive.

Ohhh! Che affermazione incredibile!

Certo, lo sanno tutti… Eppure, ho la straordinaria capacità di meravigliarmi quando leggo una biografia di 600 pagine e mi accorgo di essermi annoiata. Soprattutto quando la biografia è così dettagliata, a volte spiegando giorno per giorno cosa fa Mann con la sua famiglia.

Thomas Mann aveva una routine strettissima, nel suo lavoro: scriveva prevalentemente al mattino, mai più di una, due pagine al giorno. Siccome la scrittura è un gesto monotono, non potendo Hayman dilungarsi su cosa facesse Mann alla scrivania, ha dedicato pagine e pagine a riportare brani di opere e di commenti alle stesse, aggiungendo pagine e pagine sui viaggi dello scrittore.

La parte secondo me più interessante è quella che riguarda il periodo della seconda guerra mondiale, quando Mann è indeciso se intervenire o meno nel dibattito politico: lui si trovava in Svizzera quando è scoppiato il conflitto, e poi si trasferisce negli Stati Uniti.

Come molti altri intellettuali, non aveva compreso fino in fondo la pericolosità di Hitler; inoltre, essendo fuori del proprio paese, si tratteneva dal commentare in modo troppo negativo i fatti tedeschi, essenzialmente per due motivi: innanzitutto, i suoi libri venivano ancora venduti in Germania, e, in secondo luogo, aveva ancora molti possedimenti e molti parenti nella madre patria.

Questa parte della biografia mi è piaciuta perché ci mostra un Thomas Mann combattuto, umano che, alla fine, dopo molti tentennamenti, prende posizione.

Anche dal punto di vista sessuale, Thomas Mann ha preso posizione: ha una predilezione per i giovani ragazzi, ma tiene molto di più alla propria immagine, al suo ruolo di Pater Familiae, e non scende mai a compromessi con questo suo ideale, anche se questo significa rinunciare a rapporti più rispondenti alle sue tendenze.

Interessante che almeno due o tre dei suoi figli avessero tendenze sessuali altrettanto anticonformiste, e impressionante il numero di morti suicidi che ci sono in questa famiglia.

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Il Regno, Emmanuel Carrère @Adelphiedizioni

Lo scrittore Carrère è agnostico, ma non è sempre stato così. In gioventù ha avuto il suo c.d. periodo cristiano, in cui per circa tre anni andava a messa e si comunicava tutti i giorni, si confessava, e, ogni mattino, commentava il vangelo di Giovanni su dei quaderni appositamente acquistati. Ne ha riempiti 18.

Era un periodo in cui era in crisi dal punto di vista sia professionale che familiare. E’ uscito da questo ingorgo forse grazie alla sua professione, quando ha scritto la biografia di Philip K. Dick “Io sono vivo, voi siete morti” (con il quale, tra l’altro, aveva diversi punti in comune).

Questo libro sul Regno inizia con il resoconto del suo periodo “mistico”. Si confessa con un po’ di vergogna, rileggendo con imbarazzo i commenti che scriveva allora. Mi piace la sua sincerità. E mi piace ancora di più che nonostante non sia più cristiano, stia ancora studiando l’argomento. Ne è affascinato, e la sua biblioteca biblica deve essere notevole.

Il nucleo di questo libro riguarda S. Paolo, gli atti degli Apostoli, e l’evangelista Luca.

Se in chiesa spiegassero le scritture come le spiega Carrére, sono sicura, ma arcisicura, che le chiese sarebbero più frequentate.

San Paolo è diventato una persona reale, con le sue fisime e i pericoli a cui è andato incontro.

Per esempio: nessuno mi ha mai spiegato perché S. Paolo si rivolge ai tessalonicesi in un certo modo: in quella comunità era appena morto uno dei loro, e questo li aveva mandati fuori di testa. Ma come, dicevano, non doveva risuscitare? Si chiedevano se per caso tutta la storia sulla resurrezione dei morti non fosse una bufala. Paolo doveva rassicurarli.

E la lettera ai galati? Tutta tesa a sottolineare che quanto dice Paolo è la Verità, invitandoli a non credere a nessuno che dica il contrario… Perché? Perché dai galati era passato un rappresentante della chiesa di Gerusalemme, uno di quelli che aveva vissuto nei luoghi di Gesù, che forse lo aveva visto, e che cercava di spiegare ai galati come Paolo fosse solo un impostore, come la Legge fosse importante, come la circoncisione e i pasti e tutte le altre regole fossero importanti… (tutti “dettagli” superflui, per Paolo).

Paolo, che è considerato oggi il vero fondatore della Chiesa Cristiana, non andava d’accordo con i cristiani di Gerusalemme, anche se di Pietro, Giovanni e Giacomo diceva che erano le Colonne. Non se la sentiva di abbandonare l’ebraismo perché dubitava delle sue forze, temeva che da solo non sarebbe stato capace di portare avanti il messaggio di Gesù come lo aveva recepito lui.

Poi succede che il Tempio e la chiesa di Gerusalemme vengono rasi al suolo dai romani, insieme a tutta la Giudea. I primi cristiani (che non si chiamavano così) sono dispersi o massacrati. Insomma, al chiesa di Gerusalemme sparisce dalla terra. Ma sopravvivono altri cristiani, quelli convertiti da Paolo, in territori non ebraici. Gli ex pagani.

Questo libro è lungo e denso.

Mi ha affascinato come Paolo, visionario, emarginato, forse mezzo pazzo, di sicuro odiato dai discepoli di Gesù, riesca, alla fine, a imporre la sua visione al resto del mondo di allora.

Certo, la storia non si ferma là: Carrère va più avanti, ci parla di Luca (molto), di Giacomo, di Matteo, di Marco. Di Flavio Giuseppe, di Nerone, Tito… i nomi storici qui riuniti sono tanti, ma vengono raccontati da uno scrittore che sa dar loro vita, con i loro lati oscuri, ammettendo quando inventa e quando si rifà a documenti altrui.

Lettura piacevolissima.

Mi permetto dunque di consigliarvene l’acquisto sul link affiliato Amazon qui.

 

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