La copertina, con l’impronta creata fruttando il testo originale di BARTLEBY LO SCRIVANO, è parte integrante del testo. Perché anche Mr. Gwyn, a modo suo, dice “Preferisco di no”. Non è un il no secco e un poco offeso con cui uno scrittore come lui potrebbe affermare di non voler più scrivere, ma è irreversibile (o no?). Dal momento in cui Mr. Gwyn farà pubblicare sul giornale la sua intenzione, non usciranno più libri col suo nome.
Ma si può smettere di scrivere? Stando a Demetrio (“Perché amiamo scrivere”), la risposta è no. E infatti Mr. Gwyn si accorge che non può, ha bisogno di trovare un modo per scrivere che non comporti un altro libro col suo nome sopra. Così, grazie a un tempistico incontro, che si protrae anche dopo la morte della signora col foulard impermeabile, capisce qual è il lavoro che fa per lui: il copista. Deve copiare le persone. Deve scrivere ritratti.
L’assurdo sfuma nel poetico e ci troviamo, come solo con le belle storie capita, ad accettare la galleria dei personaggi che Mr. Gwyn incontra, anche un vecchietto che costruisce lampadine a mano è completamente normale nell’economia del romanzo (che è poi la cifra di Baricco, in cui non si capisce mai se l’assurdo nasconde un messaggio sicuro).
Ci sono luoghi, suoni, luci che sono noi. Ma ci serve qualcuno che ci renda consapevoli di questo, che ci riporti a casa. E questo qualcuno può farlo in molti modi, con un pennello, una carezza, una penna.