Breve saggio sui serial killer: in questa quarantena non succede niente, tra le quattro mura di casa, avevo bisogno di qualcosa di forte…
In realtà, questo libro non mi ha soddisfatto del tutto perché non racconta nel dettaglio le biografie dei singoli assassini: è più una summa scientifica di tutto il fenomeno. Ci sono riflessioni generali sul Male, richiami letterari e ai miti, nozioni di storia, classificazioni…
Di interessante, sui serial killer, c’è da dire che non sono capaci di fermarsi: smettono di uccidere solo quando li arrestano o quando muoiono.
C’è inoltre un altro elemento comune a questo tipo di assassini: un passato fatto di sofferenza, violazioni, soprusi.
Sono pazzi?
La definizione di malattia mentale cambia a seconda dei contesti, ma se li consideri pazzi non puoi condannarli, perché incapaci di intendere e di volere. A volte la lucidità con cui agiscono ce li fa apparire razionali, e se confondi la razionalità con la sanità mentale, allora devi considerarli sani.
Ad esempio, è stato considerato sano di mente, e dunque condannato a morte, il russo Chikatilo, insegnante di letteratura,
che dal 1978 al 1990 uccise e mutilò cinquantatré persone, bevve il sangue di numerose di queste vittime e mangiò le loro carni.
C’è una parte in cui viene riportata la confessione di Alberto Fish (1870-1936), detto “l’Orco di Westchester”, che era talmente pieno di perversioni da farne un caso sui generis. Vi dico subito che non vi racconto cosa dice in una delle sue confessioni circa l’omicidio di un bambino di 4 anni (che poi ha cucinato e mangiato), perché è… troppo, anche per me, che sono abituata a guardare film horror.
Vi riporto invece la confessione della “saponificatrice di Correggio”, attiva negli anni ’30:
Dopo aver fatto a pezzi il cadavere, mettevo la caldaia a bollire sul fuoco la sera alle ore 19 e per tuta la notte la lasciavo andare, fino alle 4 del mattino. (…) I pezzi non adatti alla saponificazione, deposti in un bidone a parte, li versavo un po’ nel gabinetto e un po’ nel canale (…). Nel sapone c’erano dei pezzi più duri. Erano le ossa che non ero riuscita a saponificare, ma che pure erano divenute fragilissime, tanto che si dissolvevano a toccarle. Il sangue di solito lo riunivo a marmellata con cioccolato, aromi di anice e vaniglia, oppure garofano e cannella. Qualche volta in queste torte, che offrivo alle mie visitatrici, ci metteva un pizzico della polvere ricavata dalle ossa delle morte.
Questa signora qui, secondo voi, è pazza? Aveva orari specifici, strumenti quotidiani, routine, visitatrici…
I serial killer, molto spesso, sono all’apparenza persone normali, vicini di casa, padri irreprensibili: sono figure che – spinte all’estremo – mostrano le contraddizioni della natura umana.
A modo loro (e finché non diventi un loro obiettivo) sono affascinanti.