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Hotel Shanghai – Vicki Baum

Vicki Baum è una di quelle scrittrici del Novecento che andrebbero tirate fuori dagli scaffali (difficile anche trovare recensioni online su questo libro).

Nata nel 1888 a Vienna da una famiglia facoltosa, studia musica, ma i suoi anni giovanili sono segnati dalla lunga malattia della madre. Quando quest’ultima muore, la Baum sposa un giornalista, da cui divorzia poco dopo; diventa battista e si sposta con un direttore d’orchestra. Naturalizzata americana nel 1938, ha iniziato da quell’anno a scrivere in inglese.

Muore in California nel 1961.

Non è il suo unico romanzo di genere “alberghiero”. Gli hotel le danno la possibilità di presentare più personaggi diversi e di vedere come si comportano quando si incontrano.

E’ quello che è successo in questo libro, ambientato a Shanghai nel 1937, appena prima dell’attacco giapponese (o cinese? Resta il dubbio).

I personaggi sono molti e di provenienza diversa.

Il dottor Yutsin è un cinese idealista e comunista, figlio di un ex coolie, ora diventato un ricchissimo banchiere. Ha sposato una straniera che non può dargli figli e il padre lo costringe (ma neanche insistendo tanto) a prendersi una bellissima concubina.

Il Dottor Hain, invece, è un ebreo tedesco scappato dal proprio paese a causa della persecuzione nazista: vive nella speranza di riunirsi alla moglie Irene, ma qualcosa andrà storto…

Helen e Bertrand Russell, marito e moglie: lei bellissima ed elegante. Lui ricchissimo, imparentato con politici influenti, ma razzista, alcolizzato e violento. Ho capito dopo un pezzo, praticamente alla fine del romanzo, che non si trattava del filosofo Bertrand Russell… (eh, non sono tanto sveglia, lo so, ma per praticamente 700 pagine non ho fatto altro che cercare online, senza trovarle, informazioni sul vero Bertrand Russell e questa intrigante moglie).

Helen Russell inizia una relazione con l’americano Frank Taylor, che sta aspettando la fidanzata. Salta fuori che questa Helen in realtà è russa e ha avuto un passato turbolento a Parigi, sempre alla ricerca di un marito facoltoso che la mantenesse come una regina.

C’è Yen, un coolie poverissimo, oppiomane e sempre indebitato, che si indebita ulteriormente per far bella figura col figlioletto che sta per arrivare a Shanghai.

E c’è Yoshio Murata, giornalista giapponese con una penna più letteraria che giornalistica. I giapponesi non sono certo i benvenuti, dopo che hanno occupato la Manciuria e riempito i mari cinesi di navi da guerra… Murata viene incaricato di un compito delicato che lo fa scivolare nello spionaggio.

Tutti i personaggi ruotano attorno all’hotel Shanghai, situato nella zona internazionale: zona che, a dire di tutti, non sarà bersagliata dalle bombe giapponesi.

Ho iniziato il libro il 27 aprile del 2003 e l’ho finito oggi, 9 agosto 2019. Credo sia il libro che mi ha richiesto più tempo e più interruzioni, complice anche la lingua francese, che non è la mia preferita; tuttavia, una volta entrati nelle storie di ognuno dei personaggi, ci si lascia trascinare.

E mi è rimasta ancora voglia di leggere libri ambientati in Cina.

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