“Le calze spariscono.”
(…) se mandi venti paia di mutande e venti paia di calze in lavanderia ne ritornano sempre diciannove. E capita anche se me le lavo da solo. Più ci penso e più mi sembra incredibile questa sparizione della biancheria. Non riesco a crederci. LE LAVO IO STESSO E NE RESTANO SEMPRE DICIANNOVE!
Sembra una legge fisica…
Ad evidenziare questa misteriosa ma innegabile verità è Andy Warhol nel suo libro “La filosofia di Andy Warhol da A a B e viceversa”.
Ve lo dico subito: non è un libro che ho letto dall’inizio alla fine. Ogni tanto prendo un paragrafo e vedo cosa ha da dirmi, e oggi, aprendolo a caso, sono finita sul capitolo “Il potere dell’intimo”.
Warhol è solo apparentemente ludico: nonostante dichiarasse di non voler giudicare la cultura consumistica e di volersi limitare a illustrarne gli aspetti che più lo colpivano senza emettere giudizi, le sue opere e le sue affermazioni ancora oggi ti costringono a pensare.
Forse è per questo che non riesco a leggere il suo libro tutto d’un fiato: perché esige uno sforzo notevole per capirlo a fondo. O forse perché le realtà che ti mette davanti al naso non sono molto piacevoli.
Il capitolo sul potere dell’intimo, ad esempio, ci mostra lo stesso Warhol che, un sabato mattina, si reca da Macy con un amico per comprare biancheria. Descrive le comuni persone che incontra per strada, le commesse, i cartellini del prezzo, commenta l’inflazione, le tonalità del cotone e la qualità dei capi, tutto come faremmo noi, in una normale mattinata di shopping.
La narrazione è così banale che ti chiedi: ma che sto leggendo?
E allora metti giù il libro.
Eppure, la banalità dell’atto dell’acquisto è il fulcro del capitolo:
Credo che comprare biancheria intima sia la cosa più personale che si possa fare, e puoi dire di conoscere realmente una persona se l’osservi mentre la compra.
Comprare l’intimo. Come se gli scaffali della nostra anima ne fossero sprovvisti.
Comprare intimo, perché non ce l’abbiamo.
Comprare significato, perché ci manca.
Alla fine, allora, comprare se stessi, perché senza intimo siamo gusci vuoti, non esistiamo davvero.
Per poi tornare a casa, con la nostra bella scorta di intimo nuovo di zecca, e metterlo in lavatrice: insomma, cerchiamo di elaborarlo, di farlo nostro, perché viene da fuori, non ne percepiamo ancora davvero il possesso, sebbene lo scontrino certifichi che ne abbiamo la proprietà.
E che succede? Ci accorgiamo che manca qualcosa.
Il calzino maledetto è scomparso. Volatilizzato, come se una malefica forza extraterrestre avesse pronunciato la fatidica parola di startrekkiana memoria: “Energia!”, e puf, le molecole si sono dissolte, andate altrove, lontano da noi, senza neanche salutarci con una già nostalgica manina.
Il nostro intimo resta orbato.
Pensateci, la prossima volta che vi ritroverete davanti all’oblò della lavatrice con un calzino spaiato.