IL GRANDE SOGNO (HAN SUYIN)
La scrittrice Han Suyn voleva scrivere un libro su suo padre (cinese) e sua madre (belga), ma si è accorta, facendo le ricerche necessarie, che, per raccontare bene le vicende della sua famiglia, doveva approfondire la storia dell’intera Cina, soprattutto del ventesimo secolo.
Veniamo così a conoscere la vita di suo bisnonno Taohung, letterato e combattente a fianco dell’imperatore e contro i contadini; di suo nonno Chiehyu, morto a 47 anni, poco portato per la carriera di funzionario; di suo padre Chou, inventore e poeta, che ha sposato la belga e cristiana Marguerite.
Ma scopriamo anche quanto abbia dovuto soffrire la Cina a causa delle potenze occidentali e delle guerre del Novecento.
E scopriamo anche tante altre cose. Tante, troppe, a partire dai nomi degli innumerevoli signori della guerra e dei funzionari corrotti o meno che hanno influenzato la storia della Cina e della famiglia Chou.
Mi aspettavo qualcosa di più intimistico, qualche aneddoto familiare, non ero pronta a un trattato.
Sospendo a pag. 166 (su 634) e lascio a giorni migliori.
IL TOTEM DEL LUPO (JIANG RONG)
Quando ho comprato questo romanzo, mi intrigava la figura dell’autore: Jiang Rong è lo pseudonimo di un intellettuale dissidente di quasi sessant’anni, professore universitario di economia politica a Pechino che ha vissuto molte delle esperienze narrate qui.
Il protagonista è Cheng Zheng, un giovane studente inviato in Mongolia per la rieducazione. Cheng si affeziona alle persone e all’ambiente, ma soprattutto al vecchio cacciatore-allevatore Bileg.
Tutta l’economia del luogo gira attorno alla figura del lupo, alla sua intelligenza, alla sua forza, alla sua fierezza. I mongoli hanno infatti adottato il lupo come totem (mentre l’animale simbolo dei cinesi è il drago). Ma il lupo può essere crudele e i sentimenti che i mongoli nutrono verso di lui sono pieni di ambivalenze.
Veniamo a sapere un sacco di cose sul lupo (anche se bisogna imparare a distinguere la realtà dal mito), sulle sue tattiche di accerchiamento, sulle sue abitudini alimentari, sulla sua vita nel branco.
Nel romanzo, l’equilibro della steppa inizia ad incrinarsi quando gli uomini decidono che i lupi stanno diventando troppi e bisogna sterminarne un po’. Il metodo migliore è quello di far fuori i cuccioli nelle tane. Peccato che questi animali siano talmente vendicativi da arrivare al suicidio.
Sospendo la lettura (a pag. 194 su 653) perché volevo una storia che parlasse di persone, non di lupi. Quando entrerò in un mood più naturalistico, magari tornerò su queste pagine.