Tag Archives: Ayaan Hirsi Ali

L’esperienza di una immigrata

 

imageNOMAD – AYAAN HIRSI ALI

Ritengo che sarebbe prudente insegnare ai rifugiati alcune competenze di base prima di prestar loro denaro e fornir loro carte di credito e cataloghi di mobili, prima che vengano risucchiati in una subcultura di prestiti e frodi. (…)

In Europa c’è una crescente insofferenza verso l’immigrazione, la sensazione che molti immigrati non meritino l’aiuto che ricevono da generosi sistemi sociali. Si dice che gli immigrati abusano del sistema, che si comportano come parassiti.

Questa attivista per i diritti sociali (già scampata a qualche attentato), a sua volta scappata dal suo paese per evitare il matrimonio impostole dalla famiglia, analizza con occhio critico la situazione degli immigrati nel mondo occidentale.

Lei si è data da fare. Ha imparato la lingua, i regolamenti del paese in cui è andata a vivere, gli usi. Fa un po’ sorridere il resoconto dei suoi primi tempi in Olanda, dove è stata accolta come rifugiata.

Premetto che il trattamento riservatole dal governo olandese è sicuramente diverso da quello che le avrebbero riservato qui in Italia dove certi impiegati pubblici mancano delle più basilari competenze educative anche nei confronti dei propri concittadini: in Olanda riesco a immaginarlo un impiegato che sorride e spiega con calma la procedura per ottenere un prestito sociale; in Italia ho meglio presente l’atteggiamento degli impiegati agli sportelli pubblici che reprimono sbuffi e danno del tu.

Ma quando è arrivata nei Paesi Bassi, lei non aveva alcuna competenza, né conoscenza. Uno dei problemi principali che ha dovuto affrontare è stata la gestione del denaro. Come molti immigrati, era scappata da, non era andata verso. Non si poneva il problema dei doveri di un cittadino, non sapeva cos’era la cittadinanza, perché obbediva solo a regole di clan.

Dunque, quando si è vista offrire un prestito per comprarsi l’arredamento della casa, non aveva idea di cosa avesse per le mani. Lei e una sua amica hanno speso tutto il prestito per comprare una costosissima moquette e la carta da parati, e sono rimaste senza soldi, senza mobili, senza letti, senza pentole, ecc… Senza parlare del conto del telefono, che era diventato rosso a forza di chiamare in Africa.

Quando le hanno fatto vedere come funzionava una carta di credito, e ha capito che le bastava mettere una firma per comprare oggetti, lo ha fatto. Firma qua, firma là, si è ritrovata con un debito enorme.

Le mancava un minimo di formazione finanziaria. Le mancava la capacità di dire no a una commessa, visto che era stata cresciuta per dire sempre di sì. La furbizia di pensare che in inverno bisogna riscaldare gli appartamenti e che dunque le spese vanno su. La modestia di capire che fare acquisti in un supermercato a buon prezzo non è un disonore.

Senza contare il fatto che molti dei soldi ottenuti attraverso i prestiti sociali per immigrati andavano ai parenti nei paesi di origine, perché così richiede il Corano: aiutare gli appartenenti della famiglia è tassativo. Il che è un atto buono, in sé, ma ostacola l’ascesa sociale di molte famiglie nel paese di adozione.

Questo era (è) il problema di molti immigrati: tutti vivono oltre i propri mezzi, non sanno programmare le spese. E questo è particolarmente vero tra le donne musulmane, dice la Ayaan Hirsi Ali.

Io mi ritengo una razzista non dichiarata. Cioè a parole sono contraria al razzismo ma ogni tanto mi ritrovo a pensare o ad agire secondo i dettami del razzismo strisciante. Magari non lo faccio consciamente, ma è così. Per questo sto leggendo questo libro.

E mi resta una domanda: perché Ayaan Hirsi Ali, dopo tanti tentativi ed errori, ha capito cosa sbagliava e ha corretto la direzione? Credo sia stato per un mix di fortuna e volontà. Ma la cosa va approfondita.

 

Leave a comment

Filed under autobiografie, Libri & C., Saggi, Scrittori somali

Je ne suis pas Charlie

Fonti bibliografiche del post

Fonti bibliografiche del post

… O meglio, sono Charlie perché sono contraria agli assassinii in nome di Dio, alle donne, sfigurate, rinchiuse, picchiate, allo stato e all’estremismo religioso ecc… ma non sono Charlie per quanto riguarda lo strumento di questa opposizione: la satira.

Nella raccolta di articoli “Noi e l’Islam” tutti si dichiarano a favore della libertà di espressione, anche se supera i limiti, anche se offende.

(…) sarebbe un errore grave dividersi oggi sulla libertà d’espressione, che va difesa sempre, anche quando diventa libertà di dissacrazione.

Questo lo dice Aldo Cazzullo, e altri (non a caso quasi tutti giornalisti) lo seguono sullo stesso tono. Ma chi ha deciso che in nome della libertà di espressione si può scrivere qualunque cosa?

Poi, un giornalista francese, Bernard Henry Lévy, chiama le vittime di Charlie “martiri dell’umorismo”. Beh, martiri sì, e chi li ha resi tali deve essere punito in modo esemplare; ma non dell’umorismo. Ripeto: qui siamo nel campo della satira. Guareschi era un umorista, Charlie Hebdo no.

Non si tratta neanche di ironia. L’ironia getta dei ponti di comprensione con il “bersaglio”: crea una specie di unione tra chi la fa e chi la riceve perché presume l’intelligenza del destinatario, dunque una specie di parità. Chi fa satira, al contrario, non unisce nulla. Anzi: pianta paletti di confine, separa.

L’ironia interroga, critica, autocritica; ed è spesso portata avanti da chi è esso stesso parte di ciò su cui ironizza. La satira, invece, giudica, difende una morale comune, o la morale dell’autore. Socrate era ironico non perché voleva che la gente amasse Socrate, ma perché voleva che la gente amasse la Verità, o almeno la ricercasse.

Il riso ha sempre uno scopo correttivo, stiamo attenti a ciò di cui ridiamo: una risata è un castigo sociale, e un castigo lo impartisce sempre qualcuno che si ponte su un gradino più alto: sia il bullo che ride del bambino che inciampa su un sasso, sia il giornalista che prende in giro un’altra religione.

C’è una guerra culturale ed ideologica in atto: non si calmeranno gli animi prendendosi il gioco dell’altra parte. La satira nel caso dell’estremismo religioso non è libertà di espressione: rende impossibile il dialogo e l’integrazione, e per di più offende anche i musulmani moderati, che potrebbero essere i portavoce più autorevoli per parlare con gli estremisti.

Edgar Morin dice che per facilitare la vera integrazione, servono più matrimoni misti. Può essere una delle strade: sono le emozioni che fanno muovere le persone, e la famiglia è una fucina di emozioni. Anche la satira, certo, smuove emozioni; ma verso cosa? Verso l’integrazione o verso una maggiore divisione?

2 Comments

Filed under Libri & C.