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Piccole abitudini per grandi cambiamenti (James Clear)

Questo libro nei vari paesi è stato tradotto nei modi più diversi: “Il metodo 1%” in tedesco, “Abitudini atomiche” in inglese e spagnolo, e ha ottenuto ottimi risultati di vendita.

E’ infatti un buon compendio che spiega sia come sorgono le abitudini, sia come possiamo sfruttarle per migliorare la nostra situazione.

Innanzitutto, l’abitudine nasce perché all’inizio c’è uno stimolo, a cui segue un desiderio, che dà luogo ad un’azione che, una volta compiuta, offre una sorta di appagamento (i termini usati nel libro possono essere leggermente diversi perché io ho ascoltato la versione in tedesco, ma cerco di rendere il senso generale nel modo più attendibile possibile).

L’abitudine è un comportamento ripetuto quasi senza pensarci, un modo per il cervello di risparmiarsi la fatica di decidere. Siccome lo scopo è proprio quello di risparmiare energia, se vogliamo instaurare abitudini positive, bisogna renderle il più facili possibile, ad esempio, accoppiandole ad abitudini già esistenti.

Ma un’abitudine non diventa tale se non è anche piacevole.

Non è un caso se dentifrici e saponette hanno profumi e aromi accattivanti.

Meglio accettare fin da subito che sono le emozioni a guidare i nostri comportamenti, non la nostra parte razionale: posso decidere di mettermi a correre ogni giorno, ma se non rendo l’esperienza in qualche modo piacevole, non riuscirò a portarla avanti abbastanza a lungo per instaurare un’abitudine.

Se poi l’abitudine alla fine diventa piacevole in sé, bè, questo è un bel traguardo, ma ci vuol tempo. Ricordo il primo minuto di corsa che ho fatto in vita mia, e vi assicuro che era tutt’altro che piacevole.

Noi agiamo perché, sotto sotto, vogliamo cambiare il modo in cui ci sentiamo.

Se prendi una sigaretta, non è per sentire il gusto di fumo in bocca, ma per calmare i nervi; se tiri una bestemmia, non è per offendere gli dei, ma per sfogare il nervosismo; se mangi di notte, non è perché hai fame, ma perché hai un senso di vuoto.

A volte bisogna capire le ragioni che stanno sotto a certi comportamenti, per capire meglio come reagire.

Alla fine, poi, non si può prescindere da se stessi e dai propri geni. Anche certi sportivi hanno raggiunto vette altissime nelle loro discipline perché il loro corpo era fatto in un certo modo (anche se questo non significa che non si debba allenarsi).

Clear usa una bella immagine: nell’acqua calda una patata si ammorbidisce, mentre un uovo si indurisce. Stesso ambiente, due reazioni completamente opposte. Non si può far altrimenti. Ma si può sfruttare il risultato decidendo la ricetta.

Nel libro riporta l’esempio di un fumettista: era mediamente bravo nel disegno, e tendeva a fare battute quando parlava. Niente di speciale, se ognuna di queste due caratteristiche veniva presa singolarmente. Non avrebbe potuto fare l’artista, né il comico. Ma il vignettista sì, sfruttando la propria personale combinazione di caratteristiche.

La scelta delle abitudini a cui sottoporsi, dunque, non può prescindere da ciò che siamo. L’identità percepita è sempre in agguato, e per cambiare stile di vita non si può ignorarla.

Un aiuto all’attivazione di abitudini sane può venire dal Tracking, cioè dalla registrazione di quello che facciamo. Può bastare un foglio di calendario, in cui mettiamo una crocetta ogni giorno di alimentazione sana o di allenamento in palestra: il cervello ha bisogno di tempo per cambiare i propri circuiti neuronali (e no, non c’è un tempo predefinito, dunque il discorso dei 21 giorni non può venir standardizzato per tutti).

Si può arrivare al punto in cui avere un calendario pieno di crocette è soddisfacente in sé, e allora siamo sulla buona strada per una nuova abitudine sana.

Certo, non ci si può neanche limitare a mettere crocette su un calendario pensando di aver ottenuto lo scopo della propria vita. Gli obiettivi vanno periodicamente analizzati, perché possono cambiare nel tempo.

Non bisogna farlo troppo spesso, né troppo poco: è come passare davanti allo specchio in corridoio tutti i giorni. Se mi controllo ad ogni passaggio, mi concentro su dettagli insignificanti; se non mi guardo mai allo specchio, rischio di accorgermi troppo tardi di essere ingrassato o di avere una pelle giallo itterico.

Ma una riflessione periodica ci vuole, sempre.

E’ un libro molto leggibile e ben strutturato. Gli youtuber di lingua inglese ne vanno pazzi, qui in Italia ne ho sentito parlar meno, ma ve lo consiglio.

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Leggiamo più velocemente!

Holger Backwinkel, Peter Sturtz
Non è stata una buona idea quella di prendere un libro sulla lettura veloce in tedesco: un testo in una lingua del genere, se non sei madrelingua, ti costringe troppo spesso a fermarti o a tornare indietro su vocaboli sconosciuti. Però se non sono riuscita a fare bene gli esercizi di lettura, sono utili quelli sul colpo d’occhio, che ti aiutano ad allargare il campo visivo utilizzando dei numeri, prima a tre, poi a quattro, cinque e infine a sei cifre.

E poi c’è una parte che fornisce una serie di consigli generali che possono tornare utili a tutti. Eccoli:

  1. scegliere bene le parti del giorno in cui si legge, evitando i momenti in cui si può essere stanchi (es. appena dopo mangiato), perché questo influisce sulla concentrazione, e dunque sulla velocità di lettura.
  2. i momenti in cui si leggono devono essere liberi da interruzioni e distrazioni: ognuno si regoli da sé, perché ognuno sa quando è più probabile ricevere visite o telefonate.
  3. spegnere la TV e non lasciare la musica accesa: molti leggono con musica in sottofondo ma il cervello ne è disturbato, anche se non ce ne accorgiamo direttamente.
  4. leggere un certo tipo di testo per volta: posta, testi tecnici, romanzi, volantini… il cervello entra in modalità diversa a seconda del contesto e questo lo aiuta ad apprendere i contenuti in modo più rapido.
  5. evitare salvaschermi in movimento: mentre leggiamo un testo sul ripiano della scrivania, il cervello capta spostamenti di luce e colore che avvengono nei paraggi e la concentrazione ne risente.
  6. leggiamo col cervello, non con gli occhi. Ci interessano i concetti, non le singole parole (a meno che non leggiamo poesia o testi narrativi particolarmente poetici, direi io…), dunque non è necessario leggere tutto (consiglio che io trascrivo ma che non riesco a mettere in pratica).
  7. date un’occhiata al testo da leggere prima di iniziare la lettura vera e propria: serve al cervello per entrare in sintonia col testo e notare se ci sono parti in grassetto o titoli che lo orientano verso un certo argomento.
  8. fate attenzione a parole come “e, inoltre, in aggiunta, nonché” oppure “al contrario, invece, però, tuttavia” che ci dicono se il pensiero centrale del paragrafo prosegue per una certa direzione (e allora, una volta acquisito il pensiero centrale si può saltare qualcosina) o se si aggiungono elementi contrari (ancora da acquisire).
  9. non applicare la lettura veloce per più di 15 minuti alla volta: dopo questo lasso di tempo, l’attenzione diminuisce. Meglio leggere più volte durante il giorno che in una sessione unica di due ore.

Un suggerimento che ho sentito su youtube, è di accelerare la propria lettura esercitandosi a leggere alla velocità massima: all’inizio non si capisce molto ma dopo un po’, il cervello si abitua e assorbe, quasi a livello subliminale.

C’è gente che legge un libro al giorno.

Li invidio. Ma nonostante mi interessi di lettura veloce, non sono così motivata ad accelerare la mia, soprattutto quando leggo narrativa. Per i saggi è una cosa, ma la narrativa è bella da leggere con calma, assaporarne le similitudini e le metafore, fermandosi a riflettere e a fare confronti con la propria realtà (non parliamo neanche di poesia, che non rientra nelle mie abitudini, ma che mal si adatta alle regole della lettura veloce).

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Leader of yourself – Roberto Re

imageThis would be a great inspiring book. It reminds us that we can take decisions about our lives, and that if we don’t, we take in any case some kind of decision. It teaches how to become counscious about our fears and beliefs, values and goals: no miracles in this book, nothing supernatural, just some little truths that we usually forget.

So, why have I written that this book would be that great? Simply because I have read Tony Robbins one week ago.

Roberto Re openly admits at the beginning that he is often defined as the Italian Robbins and that he is proud of this. Robbins is his idol. Re has attended all his meetings and read all his books and got all his videotapes.

Actually, the general scheme of this book matches Awaken The Gian Within: difference between dreams and goals, decisions, actions, when a goal can be called so, top ten list of goals, and so on. If contens are ok, as they are, I have nothing against repetition. But Roberto Re says that he has kept an European/Italian point of view in writing his book.

Now I ask myself: where??

A lot of examples are the same one of Robbin’s book (es. the story of Elvys Presley or Sylvester Stallone) with very few exeptions of italian guys. I believe that he should have taken many more examples of successfull people from our country, like the one of Nerio Alessandri, the founder of Technogym, for instance. We do not miss such people, In Italy and in Europe.

A lot of quotes are the same ones of Robbin’s (Mark Twains, Mother Terese, Herny Ford, Robbins himself…).

Re even puts some opinions of famous Readers of his book at the very first pages: a typical USA literary habit.

Well, shall I then discourage you from reading this book? Not at all! Repetition is the key word, although I am a little dismaied by the Robbin’s method copying. We Always need to repeat inside ourselves that we can get something more, just if… just if… just if…

Last comment: we live in a crisis period, don’t we? Well, long life to people like Robbins, Re, Livio Sgarbi, favaretto, who created a new job: the coaching.

Are you workless? Then create your own job. And, please, do not try to produce something new. The world has plenty of objects that must then be thrown away, with all ecological consequences.

The work of the future must turn around people, not objects. The work of the future is not linked to production, but to service.

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Come migliorare il proprio stato mentale, fisico, finanziario – Anthony Robbins

imageSapete  perché questo libro mi è piaciuto molto? Non tanto per le tecniche che insegna (e che in realtà già conosciamo tutti, dentro noi stessi) ma perché per più di 500 pagine mi ha ricordato una cosa che spesso mi dimentico: e cioè che si può sempre migliorare.

Una banalità? Beh, allora ve ne dico una ancora più grande: per migliorare, basta fare una cosa, una soltanto: decidersi. Sembra l’uovo di colombo eppure voi non siete circondati da gente che dice: “dovrei dimagrire”, “vorrei cambiare lavoro”, “mi piacerebbe imparare a nuotare”, “ah, se potessi parlare a quel tizio”, “un giorno mi metterò a dipingere”…

Ma nessuno fa mai niente. E non è vero che non abbiamo tempo/soldi/coraggio/bellezza. E’ solo che non abbiamo ancora davvero deciso.

Cosa distingue la vera decisione da una frase da bar? L’azione. Non si tratta di buttarsi nel Tamigi e nuotare a rana, ma di comprarsi una cuffia, telefonare a una piscina e iscriversi. Piccole azioni, ma ripetute. In modo che nascano delle abitudini potenzianti (che andranno a sostituire quelle depotenzianti, come ad esempio le due ore che si trascorrono sul divano a sonnecchiare dopo cena). Siamo noi a crearci le abitudini, ma poi sono le abitudini a ridefinirci.

Dunque, prima di tutto, stabilisci degli obiettivi, meglio per iscritto. E poi stila un programma di piccole azioni quotidiane per raggiungerli. Gli obiettivi devono essere inspiring, devono spingerti ad agire, devono tener conto di cosa ti dà dolore  e cosa ti dà piacere (e ricordati che di solito la spinta a fuggire il dolore è più forte della spinta a ricercare il piacere). Non aver paura degli obiettivi a lungo termine: sono di solito quelli più alti.

Robbins fornisce vari suggerimenti per agire sulla propria forza di volontà: non so se sia vero che i partecipanti ai suoi seminari cambiano personalità in mezz’ora o in una giornata, ma di certo è vero che se ti focalizzi su un impedimento, perdi il tempo prezioso che potresti dedicare a focalizzarti sulla soluzione. Così come è vero che la lettura è spesso il modo migliore per metterti in contatto con chi ha battuto le strade dell’automiglioramento prima di te, e che le lezioni che ti danno ti evitano di procedere per tentativi ed errori.

Ma alla fine il messaggio che salta fuori da queste pagine è un concetto che già da un po’ di tempo sto masticando: e cioè che la felicità sia una decisione.

Work in progress.

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Far soldi con la magia?

imageEsiste un’energia universale che può attivarsi potentemente al nostro servizio se solo sappiamo sfruttare nel modo giusto il Pensiero? Secondo gli autori di libri come The Key, The Secret, Crea la tua Realtà, sì.

Mischiando quantum e Dio come faccio io col latte di soia e l’orzo, ci ripetono fino all’estenuazione che tutto, proprio tutto, è alla nostra portata; che attraiamo ciò che pensiamo e che dunque pensando le cose giuste possiamo diventare miliardari o trovare l’anima gemella; che questa è una legge universale che centinaia di persone di successo (pensiamo a Roosevelt o Trump o Carnegie, per esempio) hanno applicato; che per attrarre ciò che desideriamo, dobbiamo comportarci come se ce l’avessimo già.

Con due postille, però:

  • il nostro subconscio deve essere in linea col desiderio conscio. Se fallite nell’attirare ciò che volete, è colpa dell’inconscio…
  • bisogna essere felici, per ciò che si ha, convincendosi che si è realizzati e grati.

Già. Ma io allora mi chiedo:

  1. perché devo desiderare qualcosa con tutta me stessa, subconscio incluso, se riesco a convincermi che sono già felice di ciò che ho?
  2. chi ha scritto le entusiaste recensioni su Amazon? Hanno messo in pratica i principi scritti in questi libri? Cosa hanno davvero ottenuto?

Testi del genere non dovrebbero essere classificati sotto l’ambiguo termine di automiglioramento, ma sotto il tag Magia: penso qualcosa, e questo qualcosa si verifica. Prendono lo spunto da un c.d. testo classico, Think & grow rich, di Napoleon Hill, che spesso cita la chiave o il segreto per raggiungere il successo (prevalentemente finanziario). Ma almeno, Napoleon Hill ha scritto questo libro dopo venti anni di interviste con ricconi: insomma, un po’ di fatica l’ha fatta. E soprattutto, il pensiero non è l’unico ingrediente della ricchezza: prima c’è l’idea, poi ci si mette in moto, poi si cade, ci si rialza, si impara ad affrontare le critiche e le paure, si crea un’alleanza di cervelli… insomma, non siamo a livelli di Mago Merlino.

Certo, anche lui in fatto di ovvietà non si fa mancare nulla:

Ogni volta che qualcuno si arricchisce, state certi che, prima, si è applicato con tenacia al suo lavoro.

Grazie per la perla di saggezza. Per non parlare, poi, delle frasi perentorie che sembrano vere, quasi scientifiche. Qualche esempio:

E’ accertato che il subconscio connette la mente limitata dell’uomo con l’Intelligenza Infinita.

Accertato? Intelligenza Infinita?

Ancora: tra i sintomi della povertà, elenca il pessimismo, che favorisce, tra le altre cose, l’indigestione, l’evacuazione difficile, l’intossicazione e… l’alito puzzolente! Continuo con gli esempi di frasi pseudo-scientifiche? Parla della paura di perdere l’amore:

La causa di questa paura radicata dipende dalla poligamia dell’uomo primitivo, a cui piaceva rubare la compagna degli altri, prendendosi con lei tutte le libertà ogni volta che desiderava.

Antropologia da bestseller americano.

E infine, per darvi un’idea del livello morale dei consigli dispensati, dell’alta spiritualità che si può raggiungere con tutto questo impegno dedicato all’automiglioramento, vi dico solo che Napoleon considera un atteggiamento da perdente l’

Accompagnarsi con quelli che accettano la povertà piuttosto che cercare la compagnia di quelli che ambiscono a diventare ricchi.

Col lavoro che faccio ne conosco parecchi che frequentano solo gente che conta: per loro sei invisibile, neanche ti vedono quando ti vengono addosso, e sbuffano se tu, misera impiegatuccia, li chiami al telefono per chiedere un’informazione; ma non direi che mirano proprio ad… automigliorarsi (e sinceramente si prendono un vaffanculo sibilato ogni volta che mi passano davanti all’ufficio).

Quando leggo libri del genere mi viene sempre in mente la Michela Marzano, prof di filosofia all’università La Sorbona. La teoria del c.d. automiglioramento ti porta al parossismo: tutto si può, dunque tutto si deve, sennò, se non hai successo e non ti conformi agli ideali finanziari, fisici, emotivi suggeriti da questi autori, sei un fallito, ed è colpa tua, non del caso, della salute, della famiglia, del momento economico. Tua e basta, perché tu, se davvero vuoi, puoi tutto. Libri del genere o colpevolizzano o megalomanizzano.

Però… forse qualcosa si salva. Sì, dai. Se si passa a testi più improntati all’azione, magari con qualche infarinata di psicologia e neurologia… penso a Tony Robbins, Livio Sgarbi, Re… Insomma, almeno ti fanno muovere.

E per muoverti, bene o male, hai bisogno di uno step necessario, che loro non esitano a fornirti: la speranza.

Non è vero che chi vive sperando muore … …. .

Chi vive sperando vive molto meglio di chi vive lamentandosi!

E soprattutto non rompe le palle a chi gli sta attorno.

Tanto, poi, moriamo tutti, sia chi spera, sia chi no.

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Perchè si ha raramente successo prima dei quarant’anni

imagePensavo di averle sentite tutte, ma c’è sempre il guru di turno che riesce a sorprendermi.

Sto leggendo “Pensa e arricchisci te stesso” di Napoleon Hill, uno che del suo interesse per i soldi e gli uomini di successo ha fatto un business. Sentite cosa dice:

Analizzando più di 25.000 individui, ho scoperto che raramente gli uomini raggiungono un certo successo prima dei quarant’anni, anzi, spesso cominciano a marciare spediti solo dopo i cinquanta (…). Il motivo principale è la precedente tendenza a dissipare le energie individuali nell’espressione fisica dell’emozione sessuale. La maggioranza degli uomini non impara mai che l’istinto sessuale ha altre possibilità di sfogo, che sono molto più importanti del puro atto di accoppiamento. I pochi che se ne rendono conto lo fanno dopo aver sprecato molti anni, nel periodo in cui l’energia erotica è al culmine, poco prima dei quarantacinque-cinquant’anni. Prima dei quaranta, e spesso anche dopo, la vita di molti individui è caratterizzata da un continuo spreco di energie, che avrebbero potuto essere veicolate in canali più proficui (…). Questa è un’abitudine molto nociva.

A parte il fatto che i veri uomini e le vere donne di successo sono anche felici e che la felicità non è mai slegata dalla sfera sessuale/emotiva, questo Hill è un gran sparatore di slogan e frasette di facile memorizzazione. Non dico che sbagli su tutti i fronti, ma qua pecca di semplicismo.

Quello che lui chiama spreco di energia è una necessità biologica e psicologica: non è necessario sublimarlo per arrivare al successo. Da come la mette lui, quando si sostituisce questo tipo di canalizzazione dell’energia con altri tipi di attività, ci si può concentrare sul successo. Ma per favore.

Non è il sesso che va sublimato, è tutta la personalità che va plasmata. E per farlo, ci vogliono anni.

L’autoaffermazione è una delle caratteristiche essenziali della personalità adulta. Ma cosa significa autoaffermarsi? Significa imparare a cavarsela da soli, capire che non si è più un bambino, la cui sopravvivenza/felicità dipende da qualcuno fuori di lui (genitori, nonni, maestre…). Significa essere autonomi, controllare il proprio ambiente (e non esserne controllati), imparare a mantenersi, scoprire che il successo te lo crei tu con le tue manine, non la tua mamma e il tuo papà.

Per autoaffermarsi è necessario sviluppare l’intelligenza emotiva e controllare certe emozioni e frustrazioni, non come i bambini che si mettono a scalciare davanti alla cassa del supermercato perché non gli compri i Kinder. E’ necessario imparare a gestire le relazioni personali e lavorative, imparare a parlare con diplomazia e ad esercitare la tolleranza e la pazienza; non come certi ventenni che passano da un lavoro all’altro perché i titolari o i colleghi non li “apprezzano”.

Per autoaffermarsi bisogna smetterla di comportarsi da bambini che si vedono al centro delle attenzioni del mondo, e imparare a sopportare la fatica necessaria ad attirare queste attenzioni in modo sano.

Ci vogliono anni di esercizio: non si nasce con la capacità di posticipare la soddisfazione dei propri desideri, di rinunciare a una cena oggi per risparmiare i soldi e usarli in un investimento proficuo domani, di controllare la rabbia, di superare i fallimenti, di aver consapevolezza delle proprie emozioni.

Il successo monetario  una forma di autoaffermazione: ci vogliono anni di lavoro su di sé. Non c’entra niente il sesso in sé, come pratica scollegata dal resto della personalità. Anzi, uno dei modi in cui l’adulto controlla il “territorio” è proprio il sesso. Come tutti i mammiferi, del resto.

La questione, poi, è un’altra: mentre l’autoaffermazione, intesa come passaggio alla fase adulta, è essenziale per l’essere umano (anche se tanti vivono benissimo da bambini), il successo monetario non lo è, e non tutti lo cercano con le bave alla bocca.

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Crea la tua realtà – Pam Grout

La tesi: viviamo in Campo di Potenzialità che ci permetterebbe di fare qualunque cosa, se davvero lo desiderassimo con tutti noi stessi, sia consciamente che inconsciamente. Dice, la Grout, che questa legge dell’attrazione è una legge scientifica (!?) e che se anche non la capiamo ciò non significa che non funzioni.
Dunque basterebbe desiderare fortemente qualcosa, e questo qualcosa si avvererebbe.
Ci fornisce addirittura nove esercizi guidati per mettere subito alla prova le enormi potenzialità di questa legge. Con tanto di deadline a cui il Campo di Potenzialità deve sottostare! Cioè, voglio questo, e lo voglio entro il giorno tot!

Non voglio essere scettica del tutto, perché sono convinta che siamo fatti di energia/musica, ma da qua a dire che se voglio vincere il Superenalotto, ce ne passa. Oppure, l’esperimento della telepatia… ma dai!
Volere è potere, sono d’accordo, ma solo per quanto riguarda i nostri sforzi, penso io. Ora mi direte: ecco, non vinci il Superenalotto perché non sei convinta! Perché, voi conoscete qualcuno che lo ha vinto perché ha messo in pratica questi esercizi?
E poi la Grout è poco credibile, quando dice che è una con un lavoro un po’ traballante col costante problema di arrivare a fine mese.

Finiamola di parlare di questa legge dell’attrazione come se fosse la soluzione ai nostri problemi materiali. Prendiamola invece nel senso spirituale:

(…) cercando di “diventare” ricchi, stiamo votando la nostra mente all’idea che non lo siamo già.

Dunque, un po’ più di gratitudine in più, un po’ più di pensiero positivo, di accettazione degli altri e degli eventi. La vita non deve essere una ricerca della felicità, ma una felicità in sé.

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Istruzioni mancanti sulla vita – Joe Vitale

Osservate come le vostre parole diventano realtà. Tutto quello che dite tende a realizzarsi.

Sono d’accordo con Joe Vitale finché dice che la felicità è una scelta.
Mi allontano però quando comincia ad andare sul metafisico, dicendo che lui ha sempre ragionato in termini di privazione, povertà, mancanza, e che quando ha cambiato questo atteggiamento mentale, la ricchezza gli è arrivata, intendendola come abbondanza di vita che di cash.
Prosegue poi suggerendo esercizi di visualizzazione, ci dice di immaginarci già ricchi, perché i nostri pensieri generano energia e questa energia positiva esce da noi, entra nel mondo e fa in modo di diventare tangibile.

Molte persone non sanno che il loro comportamento deriva dalle loro credenze e sono pronte ad accusare chiunque altro: il loro presidente, l’economia, la famiglia, gli amici, la loro infanzia e così via. Accusare è facile, perché ci evita di assumerci la responsabilità.

Può essere vero fino ad un certo punto: se uno la smette di vittimizzarsi e di pensare che il mondo ce l’ha con lui, magari si dà da fare e qualcosa combina. Ma da come la mette Joe Vitale – soprattutto in alcuni delle video-interviste che ho ascoltato su youtube – funzionerebbe tutto proprio come la magia: senza alcun rapporto materiale di causa ed effetto.
Magari fosse così.
Magari a un bambino in Africa bastasse pensare a una ciotola di riso piena per farsela arrivare in un modo o in un altro.

Per il resto, il libro ricorre spesso anche a contributi di altri autori.

La parte che ritengo più seria è quella che ci suggerisce di essere gentile e di dare:

Molti mettono in dubbio questo principio, ma è una realtà: date sempre di più di quello che vorreste ricevere. Se volete denaro, date denaro. Se volete amore, date amore. Il trucco sta nel dare senza aspettarvi di ricevere in cambio, e allora quello che riceverete vi sorprenderà.

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Le sette leggi spirituali del successo – Deepak Chopra

Osservate la gente che vi circonda e vedrete che passa il 99% del tempo a difendere il proprio punto di vista. Se reprimete l’istinto di difendere la vostra ottica, riuscirete a recuperare enormi quantità di energia che precedentemente andavano sprecate.
(…) non dovete rinunciare né al desiderio, né all’intenzione, bensì all’attaccamento al risultato finale. Da tale atto si sprigiona molta energia.

Mi ricorda quello che ha detto una volta lo Shihan di Aikido, M° Salvadego: quelli che fanno arti marziali hanno un sacco di energia. E bisogna impiegarla, altrimenti si implode.

Si ha un sacco di energia in più perché si mette di usarla per tener su l’armatura.

Bisogna però anche capire bene cosa vogliamo fare, e Deepak propone alcuni esercizi per scoprire la nostra vera natura, al di là delle idee che per avere successo bisogna possedere un’auto potente, una villa con piscina e vestiti firmati.

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Come mollare tutto e cambiare vita (Alessandro Castagna)

Appena finito di leggere. L’ho comprato di getto, dopo averlo visto sullo scaffale al supermercato. Allo stesso tempo, stavo leggendo “Le coincidenze” di Deepak Chopra, che parla di sincrodestino.
Bè, ultimamente tutti attorno a me sembrano essersi messi d’accordo sul portarmi sempre a questo argomento: andarsene.
Ieri, dopo aver incontrato un’amica che non vedevo da anni, finiamo sempre col parlare di espatriare e di conoscenze comuni che lo hanno già fatto. Ieri sera, a cena da una coppia di anziani, che di andarsene dalla casetta nuova non ci pensano neanche lontanamente, accendono la TV (cosa che non sopporto: se ci sono ospiti, per cosa devi ascoltare la TV??) e al telegiornale parlano di paesi in cui si può espatriare…

Deepak, devo ascoltare queste sirene?

Comunque, tornando al libro: molto intelligente la prima parte, in cui si parla della psicologia della fuga. E mi ha ricordato la storia che ho letto di recente, forse proprio in Chopra (tutto collegato…) del saggio alle porte della città che dice a tutti quelli che vogliono stabilirvisi come la gente dentro sia uguale a quella che il viandante ha lasciato alle sue spalle.
Non bisogna andarsene solo per scappare da qualcosa, bisogna andarsene verso qualcosa, di ben definito o definibile, anche a costo di farsi il culetto.

La parte del libro che parla di alcuni paesi scelti dagli italiani come meta permanente, dà delle dritte sul lavoro, sul mercato immobiliare, sulla gestione del denaro.

Infine, poche e succinte esperienze di vita: forse questa è la parte più debole del libro, perché io mi aspettavo delle esperienze scritte in prima persona, non riportate. D’altronde, questo libro nasce dal sito http://www.voglioviverecosì.com e non penso volesse rubarsi i lettori da solo.

La regola numero uno è questa: bisogna darsi da fare. La lingua è il primo pre-requisito (a volte più di una), e deve essere ben masticata.

Ma io credo che ancora prima di mettersi a imparare la lingua, ci sia davvero da guardarsi dentro. Se ci portiamo dietro i nostri fantasmi, ovunque andremo vedremo lenzuoli che volano.

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