Non sono mai stata una grande fan di Jovanotti, riesco a malapena a lasciare in sottofondo le sue ultime canzoni, quelle più melodiche, mentre guido (più per la pigrizia di cambiare radio che per voglia di ascoltare le sue canzoni) ma mi sono incuriosita a leggere questo libro perché avevo letto la presentazione di Fernanda Pivano (eh sì, proprio lei) che era molto elogiativa.
E’ pubblicato nella collana della Feltrinelli dedicata ai libri di viaggi, e in effetti Jovanotti parla molto di viaggi qui, soprattutto Patagonia ed Africa.
Mi piace l’immagine di un giovane cantante che, mentre i suoi album sono in testa alla classifica in Italia, è sotto il deserto africano, da solo, a guardare le stelle, o che si fa milleduecento chilometri in bicicletta in Patagonia, sempre da solo.
Il contenuto insomma potrebbe essere interessante, come sarebbe interessante se fosse stato scritto da qualunque altro giovane sconosciuto che avesse compiuto le stesse gesta, ma di sicuro, la Feltrinelli non si sarebbe mai pensata di pubblicare lo stesso identico libro se fosse stato scritto da uno sconosciuto, semplicemente perché… è scritto con lo stile di un adolescente.
Non è un memoir ordinato in ordine cronologico, anzi, non è neanche un memoir: è piuttosto una serie di riflessioni, alcune tratte dai diari; ci sono molti testi di possibili canzoni o di poesie, riflessioni (sull’arte, sulla pena di morte ecc…), ingenuità, dubbi, commenti, interiezioni (“Madonnamia”, “occhessoio”), elenchi…
Un po’ di tutto, insomma, presentato con uno stile basico, quasi sempre parlato, e non si lesinano neanche gli errori: non distingue il medio dall’anulare, parla di uomini di “taight”, di pronipoti di Achille… mi viene il dubbio che lo faccia apposta, ma poi mi chiedo, perché dovrebbe farlo? Cosa darebbe in più al libro una serie di errori così madornali? Voglio dire: se dai alle stampe un libro, anche se si tratta solo di una raccolta di riflessioni, almeno sistemale prima di pubblicarlo, dove erano gli editor? Jovanotti può decidere (se ha deciso consapevolmente) di scrivere come vuole, ma è giusto sottoporre a un pubblico, si presume giovane, un testo pieno di errori e di semplicismi: abbassa il livello culturale.
Non voglio togliere nulla all’esperienza di un giovane in cerca di se stesso attraverso il Viaggio, ma me la prendo con le case editrici che pur di vendere, si svendono, e che danno la possibilità di pubblicare testi di bassa qualità se si tratta di personaggi famosi, senza prendere neanche in considerazione bozze di gente sconosciuta ma capace di scrivere!
Non fanno tutte così (l’Einaudi mi sembra più seria anche nella scelta dei memoir) ma la Feltrinelli mi ha molto delusa!