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Storia del Cristianesimo, dalle origini a Teodosio, Panfilo Gentile

E’ un testo che risente, nello stile, degli anni in cui è stato scritto (1969). La parte relativa alla diffusione del cristianesimo post-Gesù è descritta in modo più appassionante da Carrère ne “Il Regno”.

Per quanto riguarda la vita di Gesù, invece, il libro risente, come quasi tutti i testi sull’argomento, di una grossa limitazione: si rifà quasi prevalentemente alle fonti cristiane.

Eppure, Panfilo Gentile, filosofo e giornalista laico, ci è utile per integrare o sottolineare alcuni punti.

a) Il sermone della montagna, come molte altre cose dette da Gesù, non è davvero “suo”. Sembra che questo discorso sia stato preso dal Hillel, un rabbino illuminato, forse maestro di Gesù stesso. Ce n’erano, di rabbini illuminati, a quei tempi: erano studiosi che cercavano di far staccare gli ebrei dalla lettera dei testi (ricciolini vari, divieti alimentari, ecc…) e di dare più importanza all’aspetto umanitario nella vita quotidiana.

b) L’ebraismo era una religione terrena, non prevedeva la resurrezione della carne. In realtà, secondo alcuni, neanche Gesù ne ha parlato. L’idea della resurrezione è di provenienza persiana.

c) Gesù è sempre stato ebreo. Era uno dei tanti ebrei che si staccavano dalla lettera della Legge, ma non ha mai preteso di creare una nuova religione (questo al 99% dei cattolici non è ancora chiaro).

d) Paolo giustifica la morte di Gesù in senso espiatorio, in linea con la tendenza ebraica, secondo cui Dio non perdona se qualcuno non viene sacrificato: che ad essere sacrificato sia chi ha commesso il peccato o un altro completamente innocente, secondo le tesi ebraiche era ininfluente.

e) Si può parlare della nascita di una nuova religione quando viene abbandonata la Legge e quando si accetta che anche i non ebrei possano essere salvati.

f) E’ Paolo che ha fondato il cristianesimo e ci è riuscito, in disaccordo dottrinario con Giacomo, Pietro e Giovanni, perché gli apostoli rimasti a Gerusalemme erano persone semplici, non in grado di controbattere alle argomentazioni di Paolo; senza contare il fatto che non ne avevano capito l’innovazione e che credevano di essere loro i veri depositari della storia di Gesù, perché loro, e non Paolo, lo avevano conosciuto di persona.

g) La distinzione che Paolo faceva tra carne e spirito era una metafora per le azioni cattive e quelle buone. E’ stata l’influenza ellenistica a travisare e a introdurre la contrapposizione tra corpo e anima.

h) I cristiani delle origini non sentivano il bisogno di dire che Gesù era nato da una vergine. E’ sempre l’influenza greca che si fa sentire, e che, abituata a ragionare in termini di Dei e semidei generati da un dio e da un/a umano/a, cambia le carte in tavola. Poi, siccome il dio ebraico non era antropomorfo, per risolvere il problema si è fatto entrare in campo lo spirito santo.

i) All’inizio i cristiani non sentivano il bisogno di una struttura gerarchica perché credevano davvero che il Regno fosse imminente. Poi si sono accorti che il regno non arrivava, e si son detti: “Beh, intanto che aspettiamo…”

l) Per circa 300 anni i cristiani non sono proprio considerati. Non se li filavano. L’impero era tollerante, gli andavano bene tutti gli dei pagani, bastava che non creassero casini. I primi cristiani erano considerati una setta interna all’ebraismo e gli imperatori volevano restare fuori dalle beghe dottrinarie. Non se ne occupavano neanche per perseguitarli e sembra che Nerone li abbia mandati a morire nel Colosseo solo perché sobillato da consiglieri ebrei (preoccupati da quella che consideravano una frangia blasfema), e solo in quanto convinto che i cristiani avevano dato fuoco alla città (cioè non li perseguitava in quanto cristiani).

m) Costantino voleva una religione unica per motivi di unificazione dell’impero. Per il resto, era superstizioso e non ci capiva nulla del cristianesimo. Non capiva neanche che il cristianesimo-ebraismo delle origini aveva un Dio geloso, che non ammetteva altri dei al di fuori di lui. Poi, una volta entrato a corte, il clero seppe come influire e brigare e dispensare favori ai propri fini.

Se è certo che da parte degli scrittori ecclesiastici si iniziò una campagna diretta ad ottenere dai principi una politica di sterminio del paganesimo e se è certo che un fanatismo sanguinario circolò fra le plebi cristiane, non è altrettanto certo che gli eredi di Costantino si ponessero al servizio di queste passioni sfrenate.

n) In generale, nell’impero anche dopo l’editto di Milano i riti pagani tra le folle convivevano con i riti cristiani:

Fino alla metà del V secolo a Roma si mantennero sempre i galli sacri per i presagi. I calendari di quest’epoca indicano sempre tutte le feste pagane e i giochi che le celebravano.

Fa bene leggere libri del genere, ogni tanto. Così non si danno per scontate istituzioni e credenza che vogliono farci credere universali nel tempo e nello spazio (e questo non ha niente a che fare con la fede).

 

 

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Il Vangelo Perduto, Herbert Krosney @natgeo

Il Vangelo di Giuda è stato scritto attorno al 150 d.C. ma per secoli non se ne è più saputo niente. Solo negli anni Settanta è stata trovata una copia (trascritta attorno al 300 d.C.). Si sapeva che doveva esistere perché il vescovo Ireneo lo aveva dichiarato falso e pericoloso (sebbene non è sicuro che lo avesse letto), ma nessuno lo aveva mai visto.

Questo libro racconta come il Vangelo di Giuda è stato trovato, dettagliando tutte le traversie che ha dovuto superare per arrivare fino a noi. Ci sono voluti venticinque anni per averne una versione in inglese.

Il manoscritto, fragilissimo, è stato prima trovato in Egitto, ma poi ha viaggiato tra Europa e Stati Uniti in cerca di un acquirente.

Seguiamo le vicissitudini del papiro (o delle sue fibre, visto che ogni passaggio lo rovinava non poco) attraverso le mani di tombaroli, mercanti, studiosi, antiquari, collezionisti, università. Il manoscritto è stato oggetto di compravendite e di un furto.

Il testo appartiene alla tradizione gnostica. Sant’Ireneo non ci ha pensato due volte a bollare il vangelo di Giuda come blasfemo: bastava il nome del tredicesimo apostolo a renderlo tale. E poi, gli gnostici gli stavano sulle scatole, insistevano su troppi punti dissenzienti rispetto alla dottrina che stava diventando ufficiale: molti gnostici dividevano Dio in una serie di eoni, alcuni divini, altri malvagi; alcuni gnostici affermavano che il dolore non viene dal peccato umano, altri dicevano che la resurrezione di Cristo era solo una metafora… insomma, a Ireneo giravano piuttosto le palle quando li sentiva nominare.

Quello che è interessante, è come Ireneo è riuscito a farlo scomparire dalla circolazione, questo Vangelo… non è ricorso a roghi in piazza. Ha sfruttato, invece, la sua autorità morale. Per far sparire certi testi a quei tempi bastava non ricopiarli. La copiatura era un’attività che richiedeva tempo e soldi (quando era commissionata da privati), oppure obbediva a direttive gerarchiche (quando era eseguita da copisti nei monasteri). Insomma: non serve bruciare niente, lasciamo che le copie esistenti si distruggano da sole.

Di cosa parla questo Vangelo?

Mette in dubbio la versione ufficiale di Giuda traditore. In questo Vangelo, Giuda è l’apostolo preferito di Gesù, quello incaricato di venderlo ai sommi sacerdoti in modo che venisse adempiuta la profezia (ebraica). Anche il Gesù che ne viene fuori è un po’ diverso da quello dei Vangeli canonici: ride spesso. Un profeta allegro: s’è mai visto?

Nel Vangelo di Giuda, non si racconta nulla della morte di Gesù, perché la sua morte non ha importanza. E non si racconta nulla neanche della resurrezione, perché il corpo di Gesù non tornerà in vita: ciò che conta è che lo spirito continuerà a vivere.

Con questo Vangelo abbiamo un insight in uno dei numerosi filoni protocristiani.

Ricordiamocelo, che la versione ufficiale della chiesa attuale non è proprio quella della chiesa cristiana dei primi secoli. Ce n’erano tante, di chiese, allora. Noi viviamo in una delle tante che erano possibili.

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Il Regno, Emmanuel Carrère @Adelphiedizioni

Lo scrittore Carrère è agnostico, ma non è sempre stato così. In gioventù ha avuto il suo c.d. periodo cristiano, in cui per circa tre anni andava a messa e si comunicava tutti i giorni, si confessava, e, ogni mattino, commentava il vangelo di Giovanni su dei quaderni appositamente acquistati. Ne ha riempiti 18.

Era un periodo in cui era in crisi dal punto di vista sia professionale che familiare. E’ uscito da questo ingorgo forse grazie alla sua professione, quando ha scritto la biografia di Philip K. Dick “Io sono vivo, voi siete morti” (con il quale, tra l’altro, aveva diversi punti in comune).

Questo libro sul Regno inizia con il resoconto del suo periodo “mistico”. Si confessa con un po’ di vergogna, rileggendo con imbarazzo i commenti che scriveva allora. Mi piace la sua sincerità. E mi piace ancora di più che nonostante non sia più cristiano, stia ancora studiando l’argomento. Ne è affascinato, e la sua biblioteca biblica deve essere notevole.

Il nucleo di questo libro riguarda S. Paolo, gli atti degli Apostoli, e l’evangelista Luca.

Se in chiesa spiegassero le scritture come le spiega Carrére, sono sicura, ma arcisicura, che le chiese sarebbero più frequentate.

San Paolo è diventato una persona reale, con le sue fisime e i pericoli a cui è andato incontro.

Per esempio: nessuno mi ha mai spiegato perché S. Paolo si rivolge ai tessalonicesi in un certo modo: in quella comunità era appena morto uno dei loro, e questo li aveva mandati fuori di testa. Ma come, dicevano, non doveva risuscitare? Si chiedevano se per caso tutta la storia sulla resurrezione dei morti non fosse una bufala. Paolo doveva rassicurarli.

E la lettera ai galati? Tutta tesa a sottolineare che quanto dice Paolo è la Verità, invitandoli a non credere a nessuno che dica il contrario… Perché? Perché dai galati era passato un rappresentante della chiesa di Gerusalemme, uno di quelli che aveva vissuto nei luoghi di Gesù, che forse lo aveva visto, e che cercava di spiegare ai galati come Paolo fosse solo un impostore, come la Legge fosse importante, come la circoncisione e i pasti e tutte le altre regole fossero importanti… (tutti “dettagli” superflui, per Paolo).

Paolo, che è considerato oggi il vero fondatore della Chiesa Cristiana, non andava d’accordo con i cristiani di Gerusalemme, anche se di Pietro, Giovanni e Giacomo diceva che erano le Colonne. Non se la sentiva di abbandonare l’ebraismo perché dubitava delle sue forze, temeva che da solo non sarebbe stato capace di portare avanti il messaggio di Gesù come lo aveva recepito lui.

Poi succede che il Tempio e la chiesa di Gerusalemme vengono rasi al suolo dai romani, insieme a tutta la Giudea. I primi cristiani (che non si chiamavano così) sono dispersi o massacrati. Insomma, al chiesa di Gerusalemme sparisce dalla terra. Ma sopravvivono altri cristiani, quelli convertiti da Paolo, in territori non ebraici. Gli ex pagani.

Questo libro è lungo e denso.

Mi ha affascinato come Paolo, visionario, emarginato, forse mezzo pazzo, di sicuro odiato dai discepoli di Gesù, riesca, alla fine, a imporre la sua visione al resto del mondo di allora.

Certo, la storia non si ferma là: Carrère va più avanti, ci parla di Luca (molto), di Giacomo, di Matteo, di Marco. Di Flavio Giuseppe, di Nerone, Tito… i nomi storici qui riuniti sono tanti, ma vengono raccontati da uno scrittore che sa dar loro vita, con i loro lati oscuri, ammettendo quando inventa e quando si rifà a documenti altrui.

Lettura piacevolissima.

Mi permetto dunque di consigliarvene l’acquisto sul link affiliato Amazon qui.

 

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