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La macchina per pensare (Piero Angela)

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Prima di arrivare a parlare del cervello vero e proprio, Piero Angela ci racconta la nascita del mondo. Anche se 90 pagine su 276 sono tantine, la storia è affascinante, soprattutto perché ha fatto piazza pulita di due credenze che sono ancora dure a morire:

  • L’evoluzione non è unidirezionale. Ci sono troppi rami morti, involuzioni ed estinzioni, per dire che l’evoluzione mira a uno scopo.
  • I dinosauri non si sono estinti dalla sera alla mattina. Ci sono voluti milioni di anni. Sembra anche che alcuni degli ultimi esemplari avessero un cervello molto sviluppato e che stessero per far esperienza del pollice opponibile.  Mi viene automatico fare un parallelismo con la specie umana, che non si è ancora estinta, ma che si comporta come se non dovesse estinguersi mai.

Il resto del libro, parlando del cervello, tocca molti argomenti diversi: dagli armamenti (il libro è del 1983), alla menopausa, al rapporto di coppia, alla microelettronica all’intelligenza artificiale, alla timidezza.

Sebbene ognuno di questi argomenti sia in sé interessante, l’averli messi tutti assieme in un testo che doveva essere incentrato sul cervello ha costretto l’autore a una certa velocità: il che va sicuramente a favore della divulgazione, ma che oggi, a quasi quarant’anni di distanza dall’uscita del libro, ce lo fa apparire un po’ all’acqua di rose.

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Una donna – Annie Ernaux

Annie Ernaux inizia a scrivere questo libro pochi giorni dopo la morte della madre. Racconta la sua vita, l’ambiente in cui è cresciuta, il rapporto che si era creato tra loro e la malattia, l’alzheimer, che se l’è portata via, prima nella mente e poi nel corpo.

E’ la vita di una donna normale, che si è sempre data da fare per uscire dall’ambiente contadino e dalla povertà, per farsi una cultura e per far studiare la figlia.

La Ernaux ha una scrittura concisa che tratteggia le situazioni con neutralità e precisione: scrive per fissare la vita della madre, perché se non lo facesse, di lei non resterebbe niente, e questo è il carattere che più ci fa riflettere sulla nostra essenza.

Segue un andamento cronologico, con paragrafi quasi diaristici, senza nessun tema da dimostrare né alcuna scaletta preimpostata: i ricordi vengono messi su carta man mano che li richiama alla mente.

E’ una storia drammatica perché universale, ci riguarda tutti, da vicino o da lontano.

Al Gruppo di Lettura molti hanno sottolineato la mancanza di giudizi: la Ernaux ti mette davanti ai ricordi senza darti appigli morali per valutarli, lascia fare a te.

Leggendola, mi ha dato l’impressione che sia lei che sua madre abbiamo vissuto senza poter davvero scegliere, come se ogni loro comportamento sia stato dettato dall’ambiente o dall’epoca.

Perché? Dopotutto, entrambe si sono date da fare, non si son trovate la strada spianata: lavoro, studio, famiglia, la morte di un figlio e di un marito/padre, un divorzio…

Credo che la risposta stia proprio nello stile: la scrittura è così scevra da giudizi, che da nessuna parte vengono esternati i desideri che erano all’origine dei comportamenti.

Mi spiego: i comportamenti sono descritti; i pensieri che hanno portato a quelle azioni, invece, no. Riportare i pensieri, infatti, avrebbe significato fare ipotesi, e l’ipotesi porta in sé un giudizio, o comunque qualche tipo di valutazione.

Durante la lettura, dunque, quando mi trovo la madre che apre un negozio di alimentari e che si fa in quattro per mandarlo avanti, posso intuire la motivazione che c’è dietro, ma se mi fermo alla parola scritta, questa motivazione non è esplicitata, e il comportamento sembra eruttare da un corpo senza volontà propria.

Il libro piace, non può lasciarti indifferente.

Quello che è mancato, secondo me (ma non era nell’intenzione della Ernaux) è il piano, la scaletta, un tema di fondo che mi aiuti a far entrare il libro nel novero della grande letteratura.

E’ un’opera d’arte, perché è una forma di comunicazione consapevole (molto consapevole), ma forse è un po’ troppo personale, troppo legato alla sfera intima.

(Ehi, qui sto facendo le pulci a un bellissimo libro… non ci badate)

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La dieta che allunga la vita, Josep Lluis Berdonces

Di saggi in materia nutrizionistica ce ne sono tanti, ormai, per metterne in circolo ancora. Dunque non so che senso abbia pubblicare libri come questo che non dicono nulla di nuovo e che, per di più, non riportano nessuna fonte ufficiale.

Ma… per chi si approccia all’argomento per la prima volta, anche questo semplice libretto va bene!

L’autore è laureato in medicina (interessante che non scrivano “medico”) ed è specializzato in fitoterapia, dunque dà molto peso agli enzimi e ai cibi naturali e/o crudi, germogli inclusi, e fa precedere il tutto da un’introduzione generale sul funzionamento del corpo umano.

Segue una lista di malattie con relative spiegazioni e una lista di nutrienti con relative funzioni.

Ci sono però anche affermazioni un po’ controverse, come quando dice che il pane (glutine incluso) è un ottimo alimento e che i latticini e i succhi di frutta vanno bene, senza specificare meglio. O ad esempio quando dice che il pane di segale non offre vantaggi rispetto al pane bianco… a me risultava che avesse un carico glicemico più basso, ma nel libro questo aspetto non viene approfondito.

Insomma, non mi ha entusiasmato.

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