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I mille volti di Barack Obama (Giuseppe De Bellis)

Non si può mai conoscere la verità su una persona. Non puoi conoscere quella di qualcuno con cui vivi, figurati quella di un personaggio che vive a seimila chilometri di distanza e che è a capo di uno dei paesi più potenti del mondo; un personaggio la cui immagine pubblica è studiata nei minimi particolari.

Ma la curiosità è sempre più forte della rassegnazione e quando mi intrippa qualcuno, cerco di andare a fondo. Certo, non bisogna limitarsi a leggere un libro o una biografia: bisogna sorbirsi almeno un paio di volumi, scritti da autori con background diversi.

Quindi, dopo l’autobiografia di Michelle, ecco una biografia di Barack, scritta da un giornalista esperto in politica nordamericana (e se mi gira, ho già pronto sulla libreria un saggio scritto da Obama in persona).

Le parti più interessanti sono quelle in cui si scoprono incongruenze o omissioni nelle autobiografie.

Ad esempio, Barack Obama ha sempre dichiarato che suo padre è stato un gran lavoratore, ma sfortunato nella vita e che si è separato dalla moglie perché avevano visioni diverse. Oggi ho scoperto che i due hanno litigato di brutto perché Obama senior era alcolizzato e perché, come molti kenioti, era poligamo (quattro mogli e non ricordo quanti figli sparsi per il mondo).

Ho scoperto anche che Barack ha dei fratellastri che conosce a malapena, uno in particolare che vive in una baracca.

E che la nonna materna era razzista (era bianca, lei), o così l’hanno definita i giornali americani.

Ma a parte questi aspetti familiari, nella biografia non si parla di vere e proprie pecche di Obama Jr.

Certo, si nominano gli “scheletri nell’armadio”, riferendosi a diversi sostenitori e finanziatori imbarazzanti, a partire dal reverendo Wright, che ha sposato Obama e Michelle e che ha battezzato le loro figlie, e che dal pulpito ha sempre lanciato strali avvelenate all’America bianca.

Un altro sostenitore ambiguo è il sindaco di Chicago, democratico, facente parte di una famiglia che si è impossessata della poltrona della città da decenni, e che è spesso sotto inchiesta per corruzione.

Poi c’è un certo Ayers, che negli anni Sessanta è finito in galera per terrorismo e azioni contro la polizia.

Ma queste pecche riguardano i sostenitori di Obama: non vengono citate magagne direttamente riferibili all’ex capo di stato.

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei?

Non sempre. Per diventare Presidente degli Stati Uniti hai bisogno di così tanti milioni di dollari che non credo si possa fare tanto gli schizzinosi.

L’impressione che ne ho avuta è che questo libro, uscito prima dell’elezione di Obama, volesse essere per forza equilibrato, ma che perseguendo tale tentativo abbia tirato fuori delle ombre che solo i più pignoli dei detrattori potevano tirar fuori.

Nessuno è perfetto.

Il presidente USA vive in vetrina dal momento in cui si candida al momento in cui esce dalla Casa Bianca. Ogni sua frase viene sezionata e giudicata, perfino i calzini che sceglie al mattino devono essere accuratamente vagliati per non finire sulle prime pagine dei giornali.

Obama non rispettava tutte le mie idee.

Era contrario ai matrimoni gay, snobbava l’Onu, ammetteva che gli USA dovevano agire con la forza se minacciati (e la minaccia è sempre fumosa, per loro), sosteneva con forza il diritto di Israele di esistere ecc…

Insomma, non si giustifica l’atteggiamento della sinistra italiana che lo aveva assunto a rappresentante internazionale dei loro punti di vista e che lo osannavano acriticamente.

Però, in confronto a un Bush o a un Trump, mi piaceva come persona. Meno so-tutto-io, meno offensivo (anche se non del tutto innocuo), meno urlante.

Di sicuro si era accaparrato una buona fetta dei media e delle personalità di Hollywood, e questa è stata una strategia vincente. Insomma, le furbate le ha fatte anche lui.

Ma oggi, in politica, si può emergere senza furbate?

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Io sono Malala – Malala Yousafzai con Christina Lamb

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Quando le sparano in testa, l’adolescente Malala è già conosciuta in Pakistan per la sua attività a favore dell’istruzione delle bambine.

Figlia di un maestro che, dal nulla, ha fondato scuole ed è diventato attivista per l’educazione femminile, si è sempre contraddistinta per la sua voglia di imparare e per la sua capacità oratoria.

Attraverso la storia di Malala, veniamo a conoscenza della storia recente del Pakistan.

Sapete che è stato costituito nel 1947 dopo la separazione dall’India, ma forse non sapete che i libri di storia sono stati scritti in modo alquanto fantasioso: la storia è stata praticamente reinventata ed è saltato fuori che il Pakistan è stato il vincitore dei tre conflitti contro l’India (quando in realtà li ha semplicemente persi).

E che dire dei libri di matematica? Per fomentare l’odio contro i russi, ecco un bel compitino da affibbiare ai bambini:

“Se ci sono dieci infedeli russi e un fedele islamico ne uccide cinque, quanti infedeli russi rimangono?”

La cosa interessante è che questi libri sono stati pagati con soldi provenienti dal governo americano, all’epoca molto presente sul territorio: ovvio, era l’epoca della guerra fredda. E per contrastare i comunisti, gli Stati Uniti hanno sostenuto la “cultura” araba (o l’interpretazione che gli americani ne davano).

Ma andiamo avanti con gli anni e arriviamo ai talebani.

Come hanno fatto a insediarsi così prepotentemente in Pakistan? Beh, non dimentichiamo che il governo pachistano era molto… ehm… distante dalla popolazione. I politici governativi si vedevano solo in periodo elettorale, facevano decine di promesse e poi, una volta eletti, sparivano e si godevano i soldi provenienti dalle tasse e dalla corruzione.

Non è dunque strano che, dopo il grande terremoto del 2005, uno dei più disastrosi della storia del paese, la popolazione si sia allontanata ancora di più dal governo centrale e abbia dato il benvenuto agli aiuti provenienti dall’islam estremista: perché, dopo il primo clamore iniziale, sia il governo centrale che i paesi stranieri hanno abbandonato il Pakistan al suo destino, mentre l’ISIS, o le sue affiliate (rebranding a gogo), erano là, ad aiutare.

Quando poi i talebani cominciano a dettar legge, Malala ha 10 anni. Spariscono la TV e la musica, il ballo viene vietato, chiudono i negozi di DVD e CD… si vieta il vaccino della poliomelite, si ingiunge alle donne di indossare il burka e si cominciano a far saltare in aria le scuole (soprattutto quelle femminili).

Ne distruggono a centinaia.

L’istruzione fa paura, ai regimi.

Si fanno proprio la cacca nei pantaloni.

Poi arrivano le flagellazioni in pubblico e gli attentati: viene uccisa anche Benazir Bhutto, l’eroina di Malala.

Malala e i suoi familiari sono costretti ad allontanarsi dalla loro valle, perché la situazione è diventata pericolosa, nonostante il governo dichiari ad un certo punto che i talebani sono stati scacciati.

Le solite dichiarazioni politiche… niente impedisce ai talebani di minacciare più volte il padre di Malala e, alla fine, di sparare in testa alla figlia e ad altre due sue amiche mentre tornavano da scuola in autobus.

E’ un evento che scuote tutto il paese, e che rischia di avere risvolti internazionali, visti gli interessi coinvolti nella lotta contro i talebani.

Malala è stata fortunata, perché la pallottola non ha perforato il cranio, ma lo ha comunque scheggiato, e le schegge hanno causato un’infiammazione, tanto che la pressione intracranica è troppo alta. Il neurochirurgo decide di asportarle una parte del cranio per far scendere la pressione.

Sapete cosa ha fatto della parte di cranio asportata? Gliel’ha messa nella pancia, per evitare infezioni (in Pakistan non avevano e non hanno molti strumenti per conservare elementi anatomici).

Quando Malala scopre di avere una parte del cranio nella pancia, è già ricoverata a Birmingham, in Inghilterra…

E’ una storia assurda: sparare a un’adolescente perché vuole studiare.

E badate bene, che Malala è una musulmana osservante: quando le capita, in Inghilterra, di vedere “Sognando Beckam”, resta sconvolta dalla ragazzina che gioca a pallone mezza nuda… ma una cosa ripete più e più volte: l’islam vuole che tutti studino. Ogni interpretazione del Corano che dica il contrario è falsa.

Da leggere. E non date mai per scontata l’istruzione.

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It’s What I Do – Lynsey Addario

imageI sometimes feel the need to remind me how the Worldwide women situation is much worst than mine. Because I claim that my life is, day by day, always the same: I get up at the usual time, go to the usual job, hear the usual quarrels, do homeworks… The bigger sense of adventure is listening to a friend who tells me how his dog won a prize.

I should’nt claim, I know that I am silly if I do it, but I really realize that only when I read books like the Addario’s one.

She was in Afghanistan first time in 2000, when she could not imagine what would have happened just one year later. And she saw the women, there: separated from male world, covered from top to toetip, without the possibility to work, study, go out without the male relative shadow; with the duty of giving birth to children. Without books.

What strucked me is that Linsey doesn’t tell you about the fear of entering such a country, unless she is under a gun or among a group of sexually excited males who touch her from every side.

The comparison with Obama’s memoir The Audacity Of Hope is due.

My copy of Obama’s book is a used one. Among the pages I found this US metro ticket:

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On one side, a lonely woman who travels in Afghanistan and try not to feel fear.

On the other side, a big and powerful country whit the constant fear that some terrorist lets it blast. A fear that cannot be forgotten, because you do one of the most normal things in the world, like taking a bus, and you are immediately reminded that it could be the last thing you do.

A woman who let the fear starve and a country wich feeds it.

Different ways to employ own energy.

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