Category Archives: Scrittori svedesi

Bisogno di libertà, Bjorn Larsson @iperborealibri @casalettori

Tutti vogliono la libertà.

Ma…

a) pochi sono disposti a sopportare la responsabilità che ne deriva e…

b) pochi sono disposti a sopportare le persone davvero libere.

Ho fatto questa premessa perché il punto b) cade a pennello con Larsson. E’ un libro che di per sé è un atto di libertà, perché non si lascia catalogare: nelle biblioteche si potrebbe trovare sotto la voce “autobiografia”, ma la definizione è imprecisa.

Perché qui Larsson ci parla del suo rapporto personale, personalissimo con la libertà; e, tanto per darci un pugno in faccia, nella prima pagina ci mette subito davanti alla morte del padre, avvenuta per un naufragio quando l’autore aveva sette anni. E’ un atto di libertà ammettere (confessare, quasi) che questo evento non gli ha provocato la tristezza e la disperazione che ci si aspettava da lui.

Volete altri esempi dell’ecletticità del personaggio?

E’ finito tre volte in prigione (per un totale di circa cinque mesi) per renitenza alla leva.

Alle elementari è andato a scuola per un periodo con la cravatta. =ra che è adulto, non la indossa mai, per principio, perché odia ogni forma di divisa; e se gli capita di essere invitato a kermesse o cene in cui la cravatta è d’obbligo, bè, semplicemente, non ci va.

Ha rifiutato una borsa di studio negli Stati Uniti per diventare oceanografo, sebbene gli piacesse molto la materia: non gli piace il modello di vita americano. Ha trascorso un anno negli States, e gli è rimasto impresso come, a scuola, si studino solo la storia e la geografia americane, mettendo le basi per un nazionalismo della peggior specie.

Per Larsson, è essenziale non fare “come gli altri”, spostarsi spesso, cambiare prospettiva… per lui, tutto ciò è necessario al fine di non addormentarsi, di evitare l’abitudinarietà, di vivere, insomma.

Però, attenzione: se un personaggio così è da ammirare per le scelte che compie, non credo sia facile viverci assieme (e lui lo ammette). Se ne sono accorte soprattutto le sue compagne. Un esempio? Se uno ti dà un appuntamento e poi non si presenta, e non ti avvisa (il cellulare ce l’ha, ma spento), solo perché gli è passata la voglia di vederti… bè, ecco, io Larsson preferisco incontrarlo sui libri, e non frequentarlo di persona!!

E ora vi lascio un po’ di citazioni, perché ce ne sono davvero tante che meritano di essere incorniciate:

Ho imparato che spostarsi non è pericoloso, che si può vivere bene ovunque, che le amicizie perse sono rimpiazzate da amicizie guadagnate.

Per essere liberi dobbiamo sapere dove siamo.

Gran parte di coloro che sbandierano la loro differenza in maniera ostentata e provocatoria , rientreranno nei ranghi.

Senza sogni, la libertà è solo un miraggio.

La frenesia del consumo è un nemico pericoloso per chi vuole soddisfare il suo bisogno di libertà.

Dove la libertà è più difficile da realizzare e da vivere è nella quotidianità, nella famiglia e nel lavoro.

E’ la fantasia che rende gli uomini umani.

pocha)a)

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La leonessa – Henning Mankell @MarsilioEditori

Non amo particolarmente i gialli, ma questo me lo sono letto con piacere. Merito del protagonista, il commissario Wallander, che è un uomo normale, senza cinismi cronici (anche se alla fine sì, nella depressione ci cade, ma non è cronica).

Merito anche dell’intreccio, molto complesso, che si snoda tra Svezia e Sud Africa.

Jan Klein, un boero razzista membro dei servizi segreti sudafricani, insieme a dei suoi compaesani sta organizzando un attentato a Nelson Mandela. Per eseguirlo, manda Viktor Mabasha, un killer di colore, in Svezia, ad allenarsi sotto la supervisione di Kovalenko, ex appartenente al KGB.

Le misure di sicurezza per non farsi scoprire sono notevoli, tuttavia, Kovalenko commette un errore: uccide una donna svedese che passava per caso dalle parti del loro nascondiglio. L’omicidio finisce così sulla scrivania del commissario Wallander, che arriverà a scoprire i nomi dei killer designati per l’attentato (e ho usato la parola al plurale con cognizione di causa, ma non posso dirvi altro).

Wallander è un uomo empatico e intuitivo, ma anche alcuni suoi colleghi sono in gamba. Si usa molta psicologia in questo romanzo, che, vista nel contesto storico del Sud Africa, mi fa pensare che Mankell utilizzi il genere thriller per parlare di qualcos’altro. Non è tanto la ricerca del colpevole, che lo interessa, quanto gli uomini e le donne coinvolti nelle situazioni estreme.

Detto questo, passo a elencare un paio di punti che, nonostante il buon livello del libro, ho notato poco congruenti:

  1. secondo me la scelta della Svezia come luogo di addestramento del killer non è ben giustificata. Ci sono molti paesi africani in cui il killer avrebbe potuto allenarsi senza rischiare viaggi internazionali con documenti falsi;
  2. quando Konovalenko decide di dedicarsi alla ricerca e all’uccisione di Wallander, trascura l’addestramento del secondo killer. Considerando la pignoleria di Konovalenko davanti ai propri compiti (scuola russa!), questo è poco verosimile.
  3. Perché Konovalenko, che ha già dimostrato varie volte di essere spietato e senza sentimenti, non uccide il padre di Wallander e si prende la briga di legarlo e imbavagliarlo?
  4. Wallander mostra poca preoccupazione per il padre ottantenne che è stato imbavagliato e legato. Capisco che sia preoccupato di più per il rapimento della figlia, ma… neanche un pensierino?

Bell’intreccio, dicevo. Ma complesso. Non lo vedrei bene adattato per lo schermo, perché se togli parti, rischi di intaccare l’equilibrio complessivo. Da leggere e basta.

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La principessa di ghiaccio – Camilla Laeckberg

Avendo quattro romanzi dell’autrice sullo scaffale, e non avendone mai letto uno, ho preso il più breve, che è anche l’inizio della storia di Erica e Patrik, scrittrice la prima, poliziotto il secondo.

E’ un giallo, dunque si fa leggere fino alla fine perché si vuol conoscere l’assassino, ma c’è anche l’inizio della storia tra Erica e Patrik, storia che mi fa un po’ tristezza perché mi sembra che lei, a 35 anni, fosse troppo preoccupata di restare sola, e dunque si è lanciata su Patrik (a volte le scelte di cuore portano a coppie che durano tutta la vita, sì, ma spesso si tratta di scelte obbligate).

Non mi è piaciuto il personaggio di Mellberg, il capo della polizia: troppo macchietta. Ha tutti i difetti di questo mondo: grasso, pelato, sessista, puzzolente, incapace, borioso, falso, egocentrico… mentre è più credibile Erika, con la sua fisima di ingrassare e di dover iniziare quanto prima la Weight Watcher.

C’è un punto che non mi convince. Quando Anna, la sorella di Erika, le confessa:

So che a te Lucas non è mai andato a genio, ma io lo amavo veramente. In qualche modo cercavo di razionalizzare il fatto che mi picchiava.

Lucas è il marito di Anna. Ma nel libro manca la parte in cui le due sorelle parlano di Lucas che picchia la moglie. Erika lo ha capito perché Lucas ad un certo punto ha uno scatto di rabbia verso di lei, ma non ne ha mai parlato con la sorella. Questa frase di Anna, buttata là, sembra caduta dal cielo.

Giudizio complessivo: niente di che, ma se non avete altro da fare, piuttosto di guardare la TV, leggetelo. Consigliata la lettura in estate quando il calore è torrido, perché qui dentro è pieno di paesaggi innevati.

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