Category Archives: scrittori irlandesi

Il principio dell’amore – Maeve Brennan

Ancora un’autrice irlandese, ma trapiantata negli Stati Uniti. Maeve Brennan, scrittrice di racconti, si mantenne come giornalista lavorando al New Yorker.

Ad un certo punto della sua vita

Aveva cominciato a soffrire di manifestazioni psicotiche e si sistemò nella toilette delle signore del New Yorker come se fosse la sua unica casa. Nessuno glielo impedì e le segretarie tolleravano, se pur nervosamente, il suo comportamento, a volte allucinato, che poteva anche diventare violento.

Nel libro che ho letto io, ci sono due serie di racconti: ogni serie ruota attorno ad una coppia. Entrambe le coppie hanno in comune dei problemi coniugali: problemi che non trapelano all’esterno, perché marito e moglie fingono che vada tutto bene e, sebbene infastiditi dal compagno, cercano di evitare lo scontro in tutti i modi.

Un’altra cosa che accomuna le due coppie, è che le due mogli sono molto sottomesse, sempre pronte a dire sì e completamente dedicate alla famiglia, senza alcun altro interesse. Ne risulta che nessuno dei due mariti può dire di aver davvero conosciuto la propria moglie.

In ogni racconto, la chiave di volta è l’incomunicabilità tra i due coniugi, ma anche l’incapacità dei mariti di capire quello che sentono davvero nei confronti della moglie. Nelle loro teste c’è una vera e propria confusione emotiva.

Più accattivante l’ultimo racconto, quello in cui il punto di vista è preso da Min, la gemella ottantatreenne di Martin, che è morto dopo otto anni di vedovanza. Min non ha mai sopportato la cognata e, insieme alla madre e alle sorelle, ha fatto di tutto perché il fratello non se ne andasse da casa per sposarsi.

Min è il personaggio meglio delineato: una vecchia zitella rancorosa e acida, ma vista dal suo punto di vista, dove le giustificazioni non sono mere scuse, anzi, sembrano quasi motivi fondati, buone ragioni per cui è bene essere tirchi e parlare male della cognata morta.

Ritmi molto lenti: libro poco adatto all’estate.

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L’ultimo settembre – Elizabeth Bowen @NeriPozza

1920, Irlanda.

Siamo nella proprietà dei Naylor, appartenenti all’aristocrazia anglo-irlandese. Vivono di ricevimenti, tè pomeridiani e partite di tennis estive. Sembrerebbe una vita ideale, peccato che tutto attorno imperversa la guerra.

Gli inglesi hanno stanziato il proprio esercito in Irlanda per contrastare gli attacchi dell’Ira. Ogni tanto si vede qualcuno incappucciato che attraversa un giardino di fretta, o si incontra un tipo mascherato e armato in un mulino abbandonato.

Nelle chiacchiere di salotto a volte i odono degli accenni a scaramucce e a ragazze che si sono trovate coi capelli rasati, ree di esser uscite con militari inglesi, me nessuno si sconvolge più di tanto.

Ma dai Naylor non si parla di queste… volgarità. Se qualcuno finisce sul discorso, lady Naylor è bravissima a svicolare.

Lois è nipote di Sir Naylor: è orfana. In famiglia la considerano poco, quasi non la ascoltano quando parla, e lei stessa, in un riflesso della poca attenzione che riceve, è una giovane dalle idee confuse, che non sa cosa fare nella vita.

Quando Gerald, tenente inglese, le dichiara il suo amore, lei reagisce in modo quasi indifferente, tranne poi sforzarsi di sembrare più coinvolta: ma è un atteggiamento mentale, razionale, perché il suo scopo è andarsene dalla casa dei Naylor e dalle loro eleganti maniere vuote.

Epilogo tragico, che non vi dico per non fare spoiler, ma che era abbastanza scontato, visto che lady Naylor non voleva saperne di un matrimonio della nipote con un poveraccio inglese (credo le desse più fastidio il “poveraccio” che l'”inglese”).

Nonostante la Bowen abbia dichiarato che Lois è un personaggio inventato, il romanzo è sfacciatamente autobiografico: basti pensare che anche l’autrice apparteneva alla stessa classe sociale e che è stata allontanata dal suo paese dalle zie proprio per evitare che si rovinasse con un militare inglese.

Oltre alla storia dei protagonisti, c’è lo sfondo delle incomprensioni tra inglesi e irlandesi, uno sfondo pieno di stereotipi e senso di superiorità.

La Bowen ha un’alta capacità narrativa: forse troppo alta per me.

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Tante piccole sedie rosse, Edna O’Brien @EinaudiEditore

Cosa dire? Spiazzante.

Sia nella storia che nel modo in cui è scritta.

Andiamo per ordine.

La storia si articola in tre parti.

Nella prima, facciamo conoscenza con questo misterioso e affascinante straniero che arriva in un paesino irlandese. Lavora come guaritore e sessuologo. Fidelma, la più bella e sola del paese, si innamora di lui e gli chiede un figlio, visto che lo ha sempre desiderato ma dal marito non è mai riuscita ad averne uno. Poi Vlad viene arrestato perché si scopre che era un criminale della guerra Jugoslava. Fidelma viene prelevata da casa da tre uomini, ex amici di Vlad, che la fanno abortire senza tanti fronzoli.

Nella seconda parte, Fidelma se ne è andata da casa e inizia a vivere a Londra in mezzo agli immigrati.

Nella terza parte, Fidelma va all’Aja a incontrare Vlad, ora recluso. Non dirò come va il loro incontro, né come finisce la storia.

Già la storia di questa donna è conturbante: pensate, desiderare tanto un figlio, restare in cinta e scoprire che il padre ha ammazzato e fatto ammazzare donne, vecchi e bambini, e poi venir quasi maciullata da tre sconosciuti. Non c’è da ridere.

Ma anche il modo in cui è raccontata la storia è fatto apposta per creare un senso di estraneità, per spiazzarti.

Una delle tecniche che usa, è cambiare il tempo verbale all’interno dello stesso paragrafo, dal presente al passato e viceversa. Poi ci sono tante voci diverse, ognuna che parla col suo timbro, e molte sono straniere, con le proprie sgrammaticature. È quasi un romanzo corale, ma con voci diversissime tra loro, e sebbene non partecipino tutte a raccontare la stessa storia, sono tutte legate da un filo rosso di violenza. E poi, ci sono le citazioni, dalla canzonetta pop a Shakesperare.

Insomma, un romanzo che tiene alta l’attenzione facendola andare di qua e di là come vuole lui.

Mi sono accorta di quanto sia brava l’autrice quando ho visto come ha caratterizzato Vlad: ce lo ha fatto conoscere con gli occhi della cittadina di Cloonoila, incuriosendoci quando si incuriosivano i suoi abitanti, ma anche spaventandoci e ammaliandoci come capitava a loro. Poi lo shock della scoperta è quasi subitaneo, sebbene, prima, l’autrice avesse già sparso degli indizi sulla versa personalità di questo straniero.

Merita di esser letto. Ti fa capire come sia difficile capire le persone.

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The Sandcastle – Iris Murdoch

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As far as I could find out, this novel has not been published in Italian. And I wonder wich kind of copyright reasons prevented it to be published in the USA too… maybe because the author was a friend of Sartre? It seems that all of her books have not been published in the USA. Very odd…

Anyway, let me say that this writer was a great surprise to me!

It doesn’t happen so much in this novel that takes place at the end of the  Fifties: the main carachter is a middle-aged school master (I think between 40 and 50) falls in love with a young artist and all his life is endangered, his marriage, his two children, his political future… At the end the young painter goes away and Mor, remains with his family and embrace the candidature as a member of the Parliament.

Iris Murdoch was so great in depicting the feelings and the faults of this man! It is not easy to take the part of a member of opposite sex, for a writer. She show us how Mor is just a man, who is not able to face the conformity of his environment, and she describe it very well in few lines here, when the lover is going away and he doesn’t manage to follow her because he is surrounded by his colleagues and friends:

(…) although Mor struggled in his seat he could not bring himself to get up. A lifetime of conformity was too much for him.

A counter-hero, at the end, who is incapable of telling his wife his reasons, a man who postpones explanations and who prefers to talk about silly issues to avoid more important and deep discussions.

He hardly takes a decision to go with his lover, and he immediately feels light-hearted, but this is just a sandcastle, because he is not able to go on accepting the consequences of this decision.

A very immature man, therefore. But we all have a bit of him in ourselves. This is why I suggest to read this book.

 

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