Ma che bel libro…!
C’è tutto quello che si può chiedere a un romanzo: l’amore, la morte, l’avventura, la natura, la riflessione, il giallo.
Sì, il giallo, perché quando il vecchio osserva un corpo straziato o un sentiero nella foresta, ne tira fuori indizi come farebbe un commissario della scientifica; solo che in questo caso gli indizi sono tutti… amazzonici (quanto tempo ci mettono le formiche a spolpare un corpo? Cosa succede all’aria se smette di piovere? Quale animale ha mangiato gli occhi al cadavere?).
Sepùlveda la conosceva davvero bene, questa foresta, e, con la maestria dell’esperienza, è riuscito a farmi sentire il fruscio delle foglie sotto la pioggia e le punture delle zanzare nel naso.
Ci sono molte belle scene…
Una è quella iniziale, col dentista che impreca contro i suoi pazienti, perché è tutta colpa del governo se loro hanno i denti marci; e poi c’è quella del vecchio che cerca di capire come è fatta Venezia, perché ne ha letto su un libro e non riesce a immaginare una città con le strade fatte d’acqua.
E poi c’è la parte in cui il vecchio e i suoi compagni vengono inondati da una cascata di cacca di pipistrelli…
Se ho aspettato tanto a leggere questo libro, il motivo è uno solo: è incentrato sulla caccia a una femmina di tigrillo, un animale impazzito in seguito all’uccisione della sua cucciolata da parte di un gringo. Non sopporto la caccia, non voglio né leggere né vedere scene dove gli animali muoiono.
Certo, lo so che scene del genere, anche se non le vedo, succedono in ogni parte del mondo. E allora che si fa? Il vecchio reagisce così:
(…) si avviò verso El Idilio, verso la sua capanna, e verso i suoi romanzi, che parlavano d’amore con parole così belle che a volte gli facevano dimenticare la barbarie umana.
A volte.