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Donne che mangiano troppo, Renate Gockel @FeltrinelliEd

Parliamo di bulimia. L’autrice è una psicologa e affronta l’argomento tramite la storia di una sua paziente, Anna, che è significativa perché presenta quasi tutti i sintomi di questa malattia.

Intanto, Anna non è visibilmente grassa: questo perché, dopo essersi lasciata andare e aver mangiato dolci e dolcetti, di solito va a vomitare. Anna ricorre al cibo ogni volta che si sente tesa, attaccata, in ansia.

A far scattare l’attacco di fame può essere semplicemente un invito, un commento apparentemente banale di un collega, o un eccesso di lavoro a cui non riesce a dire di no.

Anna ci tiene tantissimo a dare un’immagine perfetta di sé: brava moglie, brava insegnante, brava figlia… cerca continuamente di corrispondere alle aspettative altrui (o a quelle che lei crede siano le aspettative altrui).

Anna ha sempre obiettivi da raggiungere, e il suo motto è “prima il dovere e poi il piacere”. Per lei è inconcepibile venir amata senza dare qualcosa in cambio, solo per quello che è.

Anna ragiona in termini di aut-aut: o tutto o niente, non c’è mai una terza via, ci sono solo due estremi che si escludono a vicenda.

La psicologa affronta la sua malattia attraverso il training autogeno e gli esercizi di visualizzazione.

Alla fine del libro, Anna guarisce?

No.

Da malattie del genere non si guarisce mai del tutto: quello che è importante è prendere coscienza delle ragioni che stanno sotto agli attacchi di fame (di solito legate a un rapporto sbilanciato con la propria madre).

La cosa interessante è che quando Anna incomincia ad accorgersi di come è remissiva e sottomessa, incomincia a cambiare atteggiamento, e le persone che la circondano, che fino a quel momento non si sono lamentate, all’improvviso iniziano a storcere il naso.

E’ bello leggere un libro su una disfunzione psicologica e accorgersi di non rientrare nello schema… 🙂

L’approccio del saggio, però, è un po’ psicanalitico: è il passato a determinare il presente. Leggere un’opera del genere ti fa pensare che sotto a qualunque gesto o sentimento ci sia sempre una ragione recondita nel nostro inconscio. Nessuna vera spontaneità.

E’ davvero così?

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The obesity code – Jason Fung

La tesi del dott. Fung, nefrologo specializzato nel trattamento di diabetici, è che l’obesità sia una disfunzione ormonale e che non abbia niente a che fare con le calorie.

Non è vero che mangiare a dismisura porti sempre all’obesità, e non è vero che la riduzione calorica nel lungo periodo mantenga il peso basso, come possono confermare tutti quelli che si sono messi a dieta, hanno perso subito peso e, dopo un paio di anni, lo hanno riacquistato con gli interessi, indipendentemente dalla dieta seguita.

E allora da cosa dipende? Di sicuro non aiuta che tutte o quasi le ricerche sulle diete effettuate sull’uomo sono di breve periodo: l’obesità è una disfunzione di lungo periodo, e come tale va trattata.

Secondo Fung, l’obesità dipende da un alto livello di insulina nel sangue. L’insulina è un ormone che possiamo definire dello “stoccaggio”: serve a far entrare il glucosio nelle cellule per produrre energia tramite i mitocondri, ma, se c’è troppo zucchero nel sangue, è necessario immagazzinarlo. Nel fegato, nei muscoli, trasformandolo in grasso.

Nelle persone obese, il livello di insulina non si abbassa mai e il peso, diciamo così, si assesta verso l’alto. Ergo, se perdi temporaneamente peso con una dieta, prima o poi, se non cambi i livelli di glucosio/insulina, ritorni al peso iniziale.

La soluzione, dice Fung, è ridurre l’insulina.

Un metodo è quello di mangiare meno carboidrati.

I carboidrati sono il diavolo, dunque?

Ecco, qui, leggendo il libro, mi sono accorta di come certe teorie scientifiche vengano volgarizzate e semplificate una volta immesse nel… mercato.

L’ondata dei fans della dieta chetogenica mettono al bando tutti i carboidrati: addirittura, tacciano di malignità anche i legumi, che, notoriamente, sono il cibo principe in tutte le blue zones (le zone al mondo col maggior numero di centenari e con la più bassa incidenza di malattie “occidentali”).

Il dottor Fung è molto più selettivo: quello che dobbiamo evitare, dice, sono i carboidrati RAFFINATI. Più si mangia naturale, e più si rispetta il nostro metabolismo. La margarina, ad esempio, non è un cibo “vero”, come non lo sono i panini di farina bianca. Lo sono invece l’aceto e le arachidi, che abbassano la glicemia.

Non solo: i fans della dieta chetogenica ingurgitano frullati e sbeveroni di proteine dalla mattina alla sera. Il dottor Fung non approva: se si guardano alle ricerche (quelle serie) si nota che un alto livello di proteine animali (soprattutto da latte e latticini) provocano comunque un aumento dell’insulina, cosa che non succede con le proteine animali. Non semplifichiamo troppo, dunque.

Ecco un elenco di consigli per ridurre la glicemia:

  • non assumere zuccheri aggiunti (zucchero nel caffè, agave, dolci ecc…)
  • leggere le etichette e stare attenti agli zuccheri aggiunti
  • come dessert, si può mangiare frutta di stagione, noci, formaggio o cioccolato min. 70%
  • non fare spuntini!! Assestano la glicemia al livello più alto fino al pasto successivo
  • tenere la colazione come opzione, farla solo se si ha fame. Se non si ha fame, non mangiare. Se si ha fame, l’avena, un yogurt greco o delle uova vanno bene
  • eliminare al 100% le bibite zuccherate, anche quelle ipocaloriche
  • tenere le proteine al massimo al 20-30% del totale delle calorie assunte
  • aumentare l’assunzione dei grassi naturali, es. olio EVO, burro, frutta secca, formaggi gassi, avocado
  • assumere fibre, molte, nella loro forma naturale. La verdure a pasto non devono mai mancare.

Ma il metodo più efficace per ridurre l’insulina è IL DIGIUNO.

Di digiuno intermittente ormai parlano tutti, qui aggiungo solo che è necessario per abbassare le scorte di zuccheri immagazzinate nel corpo: la dieta chetogenica (a basso contenuto di carboidrati) serve ad abbassare il livello di glucosio nel sangue, ma gli zuccheri immagazzinati non riescono mai a venire utilizzati se si continua comunque a mangiare…

E’ necessario ritrasformare i grassi di deposito in carburante, e questo si può fare solo se… non si mangia.

Non mi dilungo oltre ma la parte finale del libro, quella relativa al digiuno, è quella – per me – più interessante.

Mi lascia un po’ perplessa il fatto che Fung richiami spesso ricerche scientifiche a lunga durata che utilizzano anche molto medici/divulgatori vegani per sostenere le loro tesi (che ribadiscono la necessità di nutrirsi di carboidrati, vegetali, ma comunque carboidrati, patate in primis). Credo che le stesse ricerche possano essere interpretate in modi diversi.

Un’unica cosa resta chiara e comune a tutte le correnti salutistiche: il cibo industriale ci sta indebolendo e uccidendo.

PS: un commento fuori tema. Perché ricorriamo così spesso al cibo industriale? Certo, i gusti sono studiati per farci mangiare di più, e tutte le pubblicità ci spingono a mangiare di più, ma io ho un’ulteriore teoria. Ricorriamo così spesso al cibo industriale perché le donne sono costrette a lavorare… l’epidemia di obesità è iniziata quando le donne hanno iniziato ad andare a lavorare fuori casa in massa. Correlazione e non causa-effetto? Chissà… la mia teoria non è mai stata oggetto di nessuno studio.

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I quarantuno colpi – Mo Yan

Cina, giorni nostri.

Luo Xiaotong, prima di prendere i voti, racconta ad un monaco buddista la sua storia.

Luo Xiaotong è sempre stato un carnivoro: per lui la carne è sempre stata il valore supremo, era convinto addirittura di capirla, di sentirla parlare.

Figlio di un buono a nulla, resta ben presto senza padre, perché l’uomo abbandona la famiglia per andarsene con un’altra donna.

La madre tira avanti con la raccolta e la compravendita di stracci, fino a comprarsi una grande casa e a saziare in parte il suo desiderio di rivincita contro il marito. Poi, ad un certo punto, il marito torna a casa con una figlia piccola e la coda fra le gambe: l’amante è morta.

Questa svolta si rivela positiva per la famiglia, perché, grazie all’alleanza con il capo villaggio, diventeranno i ricchi e importanti responsabili di un enorme stabilimento per la macellazione.

Macellazione sana, dicono.

Perché dovete sapere che il villaggio in cui Luo Xiaotong viveva era famoso per l’adulterazione della carne: insufflazione di acqua, formaldeide e altre belle cosette. Tutto all’insegna del guadagno e in spregio alle più elementari regole sanitarie.

Senza raccontarvi la fine, andiamo a vedere l’ambiente in cui Luo Xiaotong, dieci anni dopo, racconta la sua storia da grande: si tratta di un tempio buddhista fatiscente che ormai sta cadendo a pezzi. E’ dedicato ai WuTong, i cinque Dei della sessualità.

Mentre lui racconta la storia, fuori imperversano i preparativi per la sagra della carne. E qui viene il bello: perché è tutto assurdo. Statue che prendono il volo, donne sconosciute che lo fanno bere al proprio seno, faide che vengono portate a compimento, gente che si sente male, struzzi impazziti, statue dedicate al Dio della Carne…

Perché questa differenza di toni tra il passato e il presente?

Mi sono data questa risposta: siamo in un tempio buddhista, dove il Karma regola la vita di ognuno. Ebbene, ad ogni azione, corrisponde una conseguenza. E il passato di Luo Xiaotong è la causa del presente onirico, stravolto, fuori asse, grottesco e a rischio di crollo in cui ora si trova a vivere con tutti i suoi compaesani.

Di carne si muore, vuole dirci l’autore; come è morta la piccola sorellina di Luo Xiatong, avvelenata dal botulino. Ma la carne diventa la metafora di qualcosa di ben più grave, nella Cina moderna, qualcosa che disgrega le famiglie e i valori morali.

Mi piacerebbe sapere come è stato recensito questo libro dai critici cinesi!

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La dieta delle zone blu – Dan Buettner

Le zone blu, per chi ancora non lo sapesse, sono cinque zone del mondo con una straordinaria percentuale di centenari in buona salute. Si trovano in Sardegna, Grecia, Costa Rica, Okinawa, Loma Linda (California).

Dan Buettner è un giornalista ed esploratore del National Geographic che si sta adoperando per diffondere i principi di vita di queste cinque zone al resto del mondo, soprattutto negli Stati Uniti, malati e obesi.

La dieta è un pilastro fondamentale di questi stili di vita: la carne, mi spiace dirlo per i carnivori, è relegata in un angoletto. Il pesce, invece, è più presente. Via libera ai vegetali (soprattutto legumi!) e ai cibi NON confezionati.

Il libro è interessante quando Buettner ci presenta la sua esperienza diretta nelle cinque zone blu, descrivendoci le abitudini alimentari (ma non solo) di qualche personaggio esemplare. Diventa un po’ noioso quando descrive come ha importato in alcune zone degli Stati Uniti ciò che ha imparato, riportando un incremento generale della salute (e, sembra, felicità) pubblica.

Il nocciolo del suo discorso è che spesso siamo grassi e malati non per una colpa individuale, ma per scelte ad ampio raggio. Esempi ne sono le caramelle e i dolcetti che si trovano sullo scaffale vicino alla cassa del supermercato, la mancanza di piste ciclabili, le macchinette che vendono schifezze nelle scuole e nei posti di lavoro.

Lui e la sua equipe hanno lavorato a questo livello, incontrando i rappresentanti locali e scegliendo dei portavoce in loco.

Sebbene non si possa ignorare il punto di vista della “responsabilità collettiva”, credo che Buettner abbia sottovalutato troppo quella individuale.

La gente, gli individui, al giorno d’oggi hanno tutte le informazioni che vogliono. Non posso dare la colpa al sindaco se soffro di cuore… non posso dire governo ladro se mangio come un bufalo e resto incollato al divano… finiamola di dare la colpa agli altri!

Anche qui, è tutta questione di equilibrio.

E’ vero che la forza di volontà individuale è un muscolo, che dopo un po’ si affatica. Che a forza di vedere il pacchetto di patatine appena apri la dispensa, te lo mangi. Che lo hai comprato perché costava meno ed è più bello del chilo di mele. Ma insomma: noi siamo il frutto delle nostre scelte.

Basta delegare colpe!

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La dieta smart food – Eliana Liotta

Avete presente quei regimi alimentari bilanciati, basati sulle evidenze scientifiche, che ammettono uno strappo alla regola ogni tanto e che si guardano ben bene dagli estremismi?

Ecco, questa è la dieta smart food.

Il consiglio principale è di basare almeno 3/4 dell’alimentazione su alimenti di origine vegetale e integrale. Poi ci sono i corollari: ad esempio, nel quarto di alimenti di origine animale, evitate le carni insaccate e lavorate, perché è scientificamente dimostrato che fanno male; e riducete al minimo (al minimo!!!) le carni rosse, per lo stesso motivo.

Sulle scelte stilistiche della Liotta, poi, si può discutere. Ad esempio, a me personalmente (ma è un’opinione personale) in un saggio alimentare non piace lo storytelling. Non mi piacciono le domande retoriche, non mi piace sentire le frasi troppo abusate come “che il cibo sia la tua medicina”, “è la dose che fa il veleno”, non mi piacciono ovvietà del tipo

L’idealtipo del magro si è imposto nella moda, nel cinema, nella pubblicità. E’ il canone della bellezza di quest’epoca.

Sapori e odori ammansiscono gli istinti primordiali, incantano il gusto, rimandano all’infanzia in una travolgente sinestesia, (…)

Nel mio particolarissimo gusto personale, nei saggi si dovrebbero evitare troppi fiorellini e abbellimenti, ma ammetto che, per chi non è abituato a libri su questo argomento, paragrafi così aiutano ad alleggerire la lettura.

Trovo poi abbastanza soggettiva la scelta dei 20 Longevity smart Food: non nego la loro efficacia, semplicemente credo che la lista sia molto “personale”:

arance rosse, asparagi, cachi, capperi, cavoli rossi, ciliegie, cioccolato fondente, cipolle, curcuma, fragole, frutti di bosco, lattuga, melanzane, mele, peperoncino e paprika, patate viola, prugne nere, radicchio, tè, uva.

Perché, ad esempio, non includerci anche l’astragalo e il ginkgo biloba che agiscono sulla lunghezza dei telomeri?

Nella seconda parte del libro, l’autrice si concentra sui consigli per i pasti, ma resta abbastanza generica e a volte manca di precisione.

Un esempio: per cereali e derivati si suddivide tra cereali in chicco, pasta, pane, cereali per la prima colazione e patate. L’autrice dà le dosi indicative per ogni regime (da 1700, 2100 e 2600 calorie) però non specifica se queste famiglie possono essere mangiate insieme nel corso della giornata; cioè posso fare 80 g di riso, 80 g di pasta, 50 gr di pane tutti nello stesso giorno? Credo di no, ma lo deduco io, perché all’inizio del libro ci aveva detto di riempire almeno metà piatto con verdura e frutta.

Ben vengano i test di autovalutazione e i consigli sulla cottura al fine di preservare al massimo i nutrienti di ogni cibo, e non si ripeteranno mai abbastanza avvertimenti come quello che segue:

lo zucchero bianco non è necessario alle nostre esigenze nutrizionali, è un piacere, punto e basta.

Resto però perplessa quando dice:

Anche il glutammato, finito sul banco degli imputati a più riprese, non c’è prova che sia tossico, cancerogeno o che induca allergie o emicranie.

Io preferirei puntare su un principio di cautela… insomma, non mi risulta che siano stati fatti molti esperimenti in merito. Nell’attesa, io preferisco evitarlo.

Discorso latte e latticini: lei non è contraria, con le dovute limitazioni per i formaggi stagionati. Cita The Cina Study di Colin Campbell e non lo appoggia in toto, perché si baserebbe solo su correlazioni.

Cita anche Valter Longo e la sua Dieta della longevità, ma ormai le dimostrazioni scientifiche sui benefici della restrizione calorica sono arcinoti.

In soldoni: con tutti i libri che ci sono sul mercato in tema di alimentazione, lo sappiamo o non lo sappiamo cosa, come, dove e quando mangiare?

Sì.

Equilibrio, varietà e contenimento dovrebbero essere i principi cardine.

Ma sapere una cosa e metterla in pratica sono due attività diverse. Bisogna considerare che le donne ormai lavorano quasi tutte fuori casa, che in Italia non si esce in compagnia se non si mangia, che l’apporto psicologico del cibo ha ormai surclassato quello nutrizionale, che la pubblicità ci martella gli organi genitali dalla mattina alla sera, e che i produttori di cibo devono vendere quello che esce dalle loro fabbriche.

Alla fine, vince la scelta personale, nel bene e nel male.

Però vi prego: non venite a dirmi che è inutile stare attenti a quello che si mangia perché l’aria è inquinata…

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La dieta che allunga la vita, Josep Lluis Berdonces

Di saggi in materia nutrizionistica ce ne sono tanti, ormai, per metterne in circolo ancora. Dunque non so che senso abbia pubblicare libri come questo che non dicono nulla di nuovo e che, per di più, non riportano nessuna fonte ufficiale.

Ma… per chi si approccia all’argomento per la prima volta, anche questo semplice libretto va bene!

L’autore è laureato in medicina (interessante che non scrivano “medico”) ed è specializzato in fitoterapia, dunque dà molto peso agli enzimi e ai cibi naturali e/o crudi, germogli inclusi, e fa precedere il tutto da un’introduzione generale sul funzionamento del corpo umano.

Segue una lista di malattie con relative spiegazioni e una lista di nutrienti con relative funzioni.

Ci sono però anche affermazioni un po’ controverse, come quando dice che il pane (glutine incluso) è un ottimo alimento e che i latticini e i succhi di frutta vanno bene, senza specificare meglio. O ad esempio quando dice che il pane di segale non offre vantaggi rispetto al pane bianco… a me risultava che avesse un carico glicemico più basso, ma nel libro questo aspetto non viene approfondito.

Insomma, non mi ha entusiasmato.

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Mangiare bene per sconfiggere il male, Dott.ssa Maria Rosa Di Fazio @EdizioniMind

“Non si può vivere da malati per poi morire sani”: è una delle battute che fanno quelli che ritengono di poter mangiare sempre tutto ciò che vogliono, “tanto respiriamo già aria inquinata…”

Ognuno fa quel che vuole, col suo corpo, ed è vero che assorbiamo molti inquinanti attraverso fonti diverse dall’alimentazione, ma è anche poco intelligente rinunciare a controllare i fattori su cui abbiamo un seppure minimo controllo.

Detto questo, passiamo alla Dott.ssa Maria Rosa Di Fazio, oncologa che lavora a S. Marino. Mi ha fatto l’impressione di una che lavora per passione, e io adoro questi personaggi! A volte si arrabbia, usa il grassetto e i punti esclamativi, ma lo fa perché vive tra i malati di cancro e conosce nel dettaglio le conseguenze di una vita poco sana.

Sull’alimentazione ormai si legge di tutto e di più: l’importante è leggere, documentarsi e poi scegliere (non mangiare per abitudine).

Questa dottoressa è piuttosto equilibrata, in confronto ad altri. Non assume atteggiamenti estremistici (con le persone sane), e dunque non toglie dal menù nessun cibo specifico, ma ci tiene molto a sottolineare che è più dannosa una abitudine ripetuta, magari anche in piccola misura, ogni giorno, che l’eccezione fatta ogni tanto.

Ci mette in guardia dalle bibite dolci, dalle farine bianche, dallo zucchero, dall’olio di palma, dal pangasio: e ci spiega ben bene il perché.

Ci fa drizzare le orecchie davanti alla carne e alle proteine animali (formaggi e yogurt in primis), senza tuttavia suggerire regimi vegani o vegetariani, perché non è necessario, se si sta attenti a cosa si mangia e con che frequenza.

Ce l’ha a morte con i pasti ospedalieri e col glutine, perché è molto attenta al carico glicemico e all’effetto schiaccia-sistema-immunitario del glutine (che non assumiamo più nelle quantità dei nostri nonni!!).

Dice peste e corna dei distributori di merendine, soprattutto nelle scuole: e qui, da mamma di un bambino di 9 anni, mi associo. Vietiamoli, e istituiamo più iniziative sulla merenda salutare nelle scuole!

Via libera alle verdure, che lei pone alla base della sua piramide alimentare; ai legumi, che sono il cibo principale delle blue zones; alle tanto odiate uova, che in realtà non sono così dannose; al pesce, con certi accorgimenti. La punta della sua piramide, dunque i cibi che dobbiamo ingerire in minor quantità, è costituita da carboidrati, frutta e carne.

Un libro di piacevole lettura, anche se io non lascerò l’alimentazione vegana che ho scelto di iniziare il primo marzo 2013. Mi piace questa dottoressa così arrabbiata ed equilibrata allo stesso tempo. E mi dispiace che possa lavorare in un certo modo solo nella Repubblica di S. Marino, perché in Italia non è possibile adattare i protocolli al caso specifico del malato (possibilità che invece le viene offerta nella minuscola repubblica).

Leggetelo perché si impara sempre qualcosa di nuovo. Ad esempio, che i cibi coi dolcificanti artificiali non fanno dimagrire, ma anzi favoriscono la ritenzione idrica…

insomma… Libro piaciuto.

Ps: Talebana lo è solo riguardo al fumo: smettete. Non c’è altro da aggiungere.

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Come vivere 120 anni, Adriano Panzironi

Diamo a Panzironi quel che è di Panzironi: per scrivere questo libro si è dato da fare. Ha studiato un bel po’ di termini medici e, per il poco che ne so, li ha usati anche in maniera corretta. Allora, quale è il problema? E’ che ha guardato solo una faccia della luna. Ha ridotto tutto ai carboidrati insulinici, affermando che qualunque problema di salute, alla fin fine, va fatto risalire ai carboidrati quale pane, pasta, riso, patate ecc…

E quando dico tutti, intendo davvero tutti, non so cosa resta fuori: cita depressione, mal di testa, malattie dentarie, canutismo, stipsi, emorroidi, cellulite, raffreddori, impotenza, Alzheimer, tumori, acidosi tissutale, osteoporosi, tiroidismo, gotta, intolleranze alimentari, candida, malattie intestinali, arteriosclerosi, dislipidemia, artrosi e artrite, diabete,…

Il suo approccio è una sorta di regime paoleolitico: proteine animali sia a pranzo che a cena, verdure, poca frutta. Via libero ai grassi, stop ai carboidrati e ai cereali.

I punti con cui mi trovo in disaccordo o che mi lasciano perplessa sono talmente tanti che non riesco a riassumerli tutti qui in modo dettagliato, ma ne faccio un breve elenco:

a) Manca la bibliografia: Panzironi cita delle fonti all’interno del testo ma non indica le ricerche sulle quali si appoggia per fare certe affermazioni. Siccome dice che il sistema Life120 è scientifico e che si basa su scoperte scientifiche (che qualche complotto universale vuol farci dimenticare), sarebbe bene menzionare le fonti. E quando cita le ricerche scientifiche, bisogna specificare almeno il numero dei soggetti coinvolti e se l’esperimento era in doppio cieco. In questo libro non c’è niente di tutto ciò.

b) Ci suggerisce caldamente di eliminare i legumi dall’alimentazione perché contengono troppi carboidrati e alzano il carico glicemico: però allora non si spiega come mai i paesi in cui si vive più a lungo (v. le blue zones) fanno dei legumi il piatto giornaliero.

c) Parla degli Orac, ma sorvola sul fatto che la carne non ne abbia.

d) Ci dice che siamo fatti per la carne ma non spiega come mai il nostro intestino è così lungo, mentre l’intestino degli animali carnivori è brevissimo, proprio allo scopo di ridurre al minimo la permanenza della carne all’interno del corpo.

e) Sorvola sul fatto che la nostra dentatura non è una dentatura da carnivori.

f) Dice che mancare un etto di spaghetti o 80 grammi di zucchero da cucina è esattamente la stessa cosa. Troppo semplicistico: non è la stessa cosa! C’è una differenza di assorbimento tra zuccheri semplici e zuccheri complessi, ma anche tra pasta raffinata e pasta integrale (visto che le fibre rallentano l’innalzamento della glicemia). Così come c’è differenza di assorbimento tra pane e pasta di grano duro… ma son tutti dettagli neanche menzionati.

g) Dice che a Okinawa e in Ecuador, dove c’è una alta incidenza di centenari, si mangiano pochi carboidrati: falso. Mangiano molti legumi e verdure. Assolutamente non mangiano paleo tutti i giorni.

h) Suggerisce di mangiare frutta solo alla fine dei pasti perché lo zucchero in essa contenuto viene assorbito più lentamente. Sbagliato: mangiata alla fine del pasto, la frutta fermenta e immette in circolo la putrescina, che fa tutto tranne che bene.

i) Suggerisce di mangiare salumi a colazione, senza specificare che sono pieni di nitriti e nitrati, che possono essere cancerogeni.

l) Non fa sostanziale distinzione tra carni bianche e carni rosse.

Mi fermo qui?

No, ultima critica: il libro è una lunga preparazione al consiglio di assumere integratori. Che in sé può non essere un brutto consiglio, ma mi faccio delle domande quando gli integratori sono i suoi, di Adriano Panzironi e fratello.

Non mi disturba il fatto che Panzironi non sia un medico: molti medici sono ignoranti dal punto di vista alimentare, e lui ha dalla sua il fatto di essersi dato da fare per chiarirsi concetti a volte ostici.

Quel che mi dà fastidio è che… Panzironi è un imprenditore. E un imprenditore non può essere obiettivo. Non esiste. Ben che vada, adotterà un approccio riduzionista, con una fetta di non-detto più importante del detto.

Insomma: trovatemi un ultracentenario che ha mangiato per tutta la sua vita come suggerito da Panzironi. Uno solo.

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La dieta fasting, JB Rives @NewtonCompton @casalettori

Nominare il digiuno è sempre impopolare: ecco perché si può intitolare un libro La Dieta Fasting, perché molti non sanno che Fasting significa proprio digiunare.

L’autore, che si definisce un appassionato di nutrizione senza essere né un medico né un nutrizionista, ci sottopone il suo attuale stile di vita. Stile di vita che gli ha permesso di perdere venti chili senza dedicarsi troppo attivamente allo sport né contare le calorie.

Il digiuno non è una pratica nuova, ma la scienza moderna negli ultimi decenni ha scoperto diverse ragioni per cui dovremmo prendere sul serio questo modo di vita.

Lo dice Walter Londo, con la sua Dieta Mima Digiuno, ma, per restare in tema di personaggi famosi italiani, lo diceva anche Veronesi. E lo dicono centinaia di esperti: mangiamo troppo. Il nostro corpo non è fatto per mangiare di continuo.

E’ interessante la carrellata storica che JB Rives ci scodella nella prima parte del libro: i perché della nostra alimentazione troppo abbondante. Riassumendo al massimo, si tratta di… soldi. Economia. Necessità di produrre e vendere alimenti. Sempre di più.

Magari inventandosi la necessità di snacking, dicendoci che dobbiamo mangiare cinque volte al giorno. Convogliando le ricerche scientifiche verso certe direzioni.

Ci sono vari modi di digiunare. L’autore ha scelto quella 16:8, cioè mangia nell’arco di otto ore e digiuna per altre 16, possibilmente facendo rientrare nella fase di digiuno anche la notte, quando già digiuniamo senza accorgercene. Lui quindi mangia dalle 12 alle 21, ma la fascia temporale è modificabile in base alla vita sociale e lavorativa di ognuno.

Anche se il titolo si incentra sul dimagrimento, la ragione principale del digiuno è molto più ampia: la salute. Con il digiuno, si favorisce l’autofagia delle cellule vecchie o malate, dando il via a un generale processo di depurazione.

C’è un gruppo Facebook dedicato al fasting. Si chiama Delay, don’t deny: ritarda, non rinunciare (certo, in inglese suona meglio). Sembrerebbe quasi che nelle otto ore di alimentazione uno possa permettersi di tutto e di più. In realtà, quando il corpo si abitua al fasting, la percezione della fame si modifica. Al mattino, dopo le prime due settimane, non si ha più voglia di far colazione, e il pizzicore allo stomaco prima di mezzogiorno è facilmente gestibile.

Alla fine non si riesce a condensare i precedenti cinque pasti col loro carico calorico nelle otto ore. E’ quasi inevitabile mangiare di meno.

Scopo raggiunto.

Ricordandosi che la dieta migliore è la dieta che riesci a seguire, direi che questo fasting merita un tentativo.

PS: il mio consiglio è, per le settimane che vi dedicherete a questo esperimento, di fornirvi di belle scorte di tè e tisane, perché dovrete bere molto.

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La grande via (Berrino-Fontana)

La grande via per vivere a lungo e star bene…

Per chi conosce Berrino, in questo libro non ci troverà molto di nuovo, ma il solo fatto di rileggere certi concetti, ci aiuta a piantarceli bene in testa. In più, l’altro autore, Luigi Fontana, è uno scienziato esperto di longevità e stili di vita. Questi due si sono trovati sulla stessa linea d’onda e il saggio è di piacevole lettura.

Spazia dalla nutrizione al movimento alle tecniche di rilassamento al sonno alla spiritualità: un po’ di tutto, insomma, senza dividere troppo il corpo dallo spirito, visto che noi siamo un tutt’uno.

Non vado più nel dettaglio, ma riporto qui uno stralcio che magari non è chiaro a tutti:

Anche il fumo del padre prima del concepimento è associato a una maggiore frequenza di leucemie infantili.

Ecco, io ce l’ho con i fumatori, è vero; li trovo non solo molesti e puzzolenti, ma anche esteticamente carenti, quando fumano (inutile vestirsi da fighetti se si ha l’alito vomitevole; e se vedo una donna che fuma, mi fa tanto volgare). Certo, questi sono problemi miei, ognuno è libero di fare quello che vuole della sua vita. Ma non di quella degli altri.

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