I testamenti (Margaret Atwood)

Dopo aver ritrovato Margaret Atwood in Il Canto Di Penelope del post precedente, non potevo fare a meno di leggere I Testamenti, che è la continuazione del Racconto dell’Ancella.

Nel Racconto, l’unico punto di vista era quello dell’ancella costretta a far nascere i figli altrui nella distopica nazione di Gilead, che, ormai lo hanno capito tutti, identifichiamo in una parte degli Stati Uniti.

Nei Testamenti invece, i punti di vista sono tre.

Uno è quello di una ragazza nata e cresciuta a Gilead: le muore la madre e scopre che quella non era la sua vera madre, perché lei in realtà è nata da un’ancella che è fuggita in Canada.

Un altro punto di vista è quello di una ragazza cresciuta in Canada che, in seguito alla morte dei genitori, scopre di essere Baby Nicole, una bambina che è nata a Gilead da un’ancella e che è stata portata in Canada sotto mentite spoglie.

Il terzo punto di vista è quello che secondo me è il più interessante: a parlare, anzi, a scrivere, è zia Lydia, un personaggio molto potente e conosciuto a Gilead. Le hanno già dedicato una statua, sotto la quale si accumulano offerte votive, di solito lasciate da donne che desiderano avere un figlio.

Tramite zia Lydia, veniamo a scoprire i primi tempi di Gilead, come si è svolto il colpo di stato e come è successo che una nazione si assoggettasse a un regime del genere.

Le zie sono delle donne che si dedicano ad altre donne, o almeno così si spacciano. Si occupano dell’educazione delle ragazze, dei matrimoni e degli interrogatori femminili. Zia Lydia, prima della nascita del regime, era un giudice minorile. Quando c’è stato il colpo di stato, è stata scelta come collaboratrice in forza delle sue capacità di persuasione e organizzazione. La scelta non è stata molto libera, ovviamente: zia Lydia ha dovuto scendere a compromessi con la sua coscienza, ma non ha mai abbandonato il sogno di vendicarsi.

Questo è il personaggio più interessante perché lavora d’astuzia, dietro le quinte, ponendo la massima attenzione alla psicologia delle altre zie e dei comandanti.

La classe delle zie è un aspetto interessante: un regime del genere non potrebbe stare in piedi senza un appoggio interno delle stesse persone che sono assoggettate. E il fatto che siano donne, e che si odino tra loro e che tramino l’una alle spalle dell’altra, è significativo.

Un altro aspetto essenziale per la durata del regime è l’ignoranza: le donne (zie escluse) non possono leggere. Sono tenute nell’ignoranza assoluta, non conoscono neanche la geografia o la storia, devono dedicarsi solo al ricamo, ai fiorellini e all’eventuale gestione delle Marte, le cameriere di famiglia. Il loro unico scopo è sposarsi e procreare.

Bambine che non possono frequentare la scuola: la Atwood ne parla in un romanzo che noi chiamiamo distopico, ma in molte parti del mondo si vieta lo studio alle bambine. Lo capiamo dunque quanto importanti sono la lettura e lo studio per un minimo di libertà? E’ davvero così distopico questo romanzo? Qui da noi, forse, ma andate in Iran, e poi ne riparliamo.

E ora, al di là dei contenuti, passiamo allo stile.

Questo romanzo, rispetto al Racconto dell’Ancella, è molto più movimentato, anche nel linguaggio. C’è più azione, il teatro si amplia da Gilead al Canada, c’è un inizio di storia d’amore adolescenziale e addirittura una scena in cui Nicole usa arti marziali per atterrare una zia. Quest’ultimo punto mi lascia un po’ perplessa, forse manca di verosimiglianza (non si fa venire un ictus a una persona con poche ore di allenamento), ma la velocità dell’azione non mi è dispiaciuta, anche se verso la fine sembra sfilacciarsi un po’ pur di arrivare a una conclusione.

Molti si sono chiesti se questo romanzo era necessario, soprattutto dopo l’uscita della serie TV ispirata al racconto dell’ancella.

Credo che la risposta non ci sia, perché la domanda è sbagliata.

Un libro non è necessario o meno. Se vogliamo (e lo dico io che non riesco a stare un giorno senza leggere), nessun libro è necessario.

Quanti libri si vendono ogni anno per puro svago? Thriller, romance, fantasy… almeno questo ti fa riflettere su come nascono i regimi e come le persone si lasciano sottomettere. Perché la sottomissione non è solo fisica: molto più spesso assistiamo a sottomissioni mentali.

Negli Stati Uniti stiamo assistendo a un ritorno in massa dei fanatismi religiosi e a della sottomissione del corpo della donna.

Questa non è distopia.

E guardiamo a casa nostra, guardiamo ai nostri social: avete fatto caso a quante pagine Facebook del tipo “Gesù ti ama”, “Io amo Maria” ecc ci sono? Sono frequentate e commentate da gente che pubblica foto di gattini e cagnolini a nastro, “Vogliamoci bene”, “Aiutiamo i nostri amici a 4 zampe”, e poi maledicono gli extracomunitari che scappano dai loro paesi.

Buonismo superficiale e deviato.

Questa non è distopia.

E allora, era necessario questo libro? Forse non è ai livelli letterari di altre opere della Atwood, ma sì, era necessario.

Siamo tutti zia Lydia.

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