In ogni caso nessun rimorso (@pinocacucci1)

Jules Bonnot viene ucciso il 28 aprile 1912 a Choisy-le-Roy da un assalto di forze dell’ordine senza precedenti: era solo in una stanza e per ucciderlo si è fatto avanti addirittura l’esercito. Senza contare le migliaia di persone che si erano assiepate all’esterno per assistere alla vicenda.

Come mai una tale dimostrazione di forza pubblica contro un solo uomo?

Jules Bonnot era considerato all’inizio del Novecento il nemico pubblico numero uno.

Di estrazione povera, Bonnot lavorò come operaio e fece esperienza delle durissime condizioni delle fabbriche francesi con i relativi soprusi da parte dei padroni. Non era uno che riusciva a tenere per sé le proprie opinioni, ma neanche i padroni scherzavano, protetti com’erano da una legislazione che stava dalla loro parte.

Con qualche sciopero e tafferuglio, era facile venir schedato come facinoroso e una volta schedato, non trovavi più lavoro. E quando si è disperati, si compiono gesti disperati.

Bonnot trovò una parziale ancora di salvezza nell’esercito: nelle strette maglie della disciplina, contrariamente a quanto si poteva pensare, divenne un soldato modello. Era dotato di una buonissima mira, e si impratichì con le armi e con i motori.

Uscito dall’esercito si sposò ed ebbe un figlio, ma le ingiustizie a cui assisteva quotidianamente sul posto di lavoro lo resero inquieto e alla fine la moglie lo abbandonò. Dopo essersi ripreso, riuscì a trovare lavoro come autista: il direttore lo aveva preso di buon occhio, ma Bonnot era ancora schedato e le voci girano. Perse anche questo posto.

Per fuggire al suo passato, andò a lavorare come autista in Inghilterra, dove divenne l’autista di Sir Arthur Conan Doyle, ma la pace non poteva durare a lungo.

Per farla breve, Bonnot rientra nel giro degli anarchici.

L’etichetta “Anarchico” è quanto di più inutile possa esistere. Sotto questa denominazione si trovava di tutto, dai filosofi, ai criminali comuni, da chi combatteva il sistema dei padroni con la legalità e i giornali, e chi (gli illegalisti) passava alle vie di fatto.

Bonnot diventa grande amico di un italiano, un certo Platano che, diciamolo, era fuori di testa. Mi chiedo ancora come si formino le amicizie (anche se Bonnot lo chiamava “complice”) tra persone di indole così diversa.

Una rapida tira l’altra e Bonnot si trova a capo di una banda di malviventi che riempie le pagine dei giornali (e che spesso è incolpata anche di furti e rapine che non hanno niente a che fare con lei). I mass media dell’epoca hanno avuto un ruolo centrale nell’identificare l’anarchismo con il Male assoluto. Le forze dell’ordine avevano ingaggiato una vera e propria guerra senza esclusione di colpi: pestaggi dei prigionieri, interrogatori senza tutele, arresti di persone innocenti (qualcuna anche ghigliottinata).

Il romanzo verso la fine si trasforma in una specie di cronaca, un po’ noiosetta, forse, ma credo che questa, visto l’incalzarsi dei fatti, fosse la forma migliore per descrivere cosa successe nei giorni precedenti alla morte di Bonnot (di cui trovate un filmato d’epoca anche su YouTube).

Noi leggiamo di Bonnot e del circolo degli anarchici nel 2023 e prendiamo le parti delle personalità più idealiste (dei criminali no), ma pensate alla tempesta mediatica a cui era sottoposto il lettore comune in quegli anni. Oggigiorno con i social non ci comportiamo molto diversamente: appena c’è un sentore di crisi, si cercano i capri espiatori.

Bonnot, così come è raccontato da Cacucci, ispira, tutto sommato, simpatia: è una vittima dei tempi che credeva in un mondo più egalitario. Cosa ha sbagliato?

Io sono pacifica di natura, ma nella situazione di quegli anni, una protesta pacifica avrebbe sortito degli effetti? Non lo so. Certo è che la violenza chiama violenza, da qua non si scappa.

Dialogo allora? Ma lavoratori e datori di lavoro sono portatori di interessi troppo contrastanti, non ci può essere un vero dialogo. Provate a dire a un datore di lavoro che lo stipendio, con gli ultimi aumenti, non basta. Vi risponderà che anche per le aziende i costi sono aumentati, ed è inutile rispondergli che le aziende possono aumentare i prezzi, mentre i dipendenti non possono alzarsi gli stipendi: non ci si capisce.

Le aziende sono portatrici di interessi privati in contrasto con gli interessi dei dipendenti: le aziende vogliono tenere bassi gli stipendi, i dipendenti li vorrebbero più alti. Inutile che i titolari dicano che hanno la responsabilità di tot famiglie alle loro dipendenze: le aziende non lavorano per le famiglie, lavorano per un profitto, sono nate per questo: perché nascondere la verità? Se io fondassi un’azienda (cosa da cui mi guardo), non lo farei con lo scopo di tenere alti gli stipendi. A meno che un’azienda non sia una Onlus o non sia costretta dal governo ad alzarli…

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