Mondo senza fine (Ken Follett)

Milleduecento pagine, quattordici giorni per finirlo e una miriade di personaggi. La storia si dipana negli anni tra il 1327 al 1361 nella città di Kingsbridge, duecento anni dopo gli avvenimenti de “I pilastri della terra”.

Credo che i personaggi più importanti siano comunque Caris, figlia di un ricco lanaiolo, e Merthin, figlio di un cavaliere. La vicenda inizia quando i due bambini, insieme a Gwenda e Philemon (figli di un povero imbroglione e ladro) e Ralph, fratello di Merthin, assistono a uno scontro tra cavalieri nella foresta, che si conclude con la sparizione di una misteriosa lettera.

Negli anni successivi, ne succedono di tutti i colori.

Merthin non può diventare cavaliere, cosa che riesce al più sanguinoso fratello Ralph, ma diventa un bravo costruttore. Si innamora di Caris ma per tutta una serie di ragioni non può sposarla: prima lui non ha un mestiere, poi ce l’ha ma viene incastrato dalla figlia del suo datore di lavoro, che lo accusa di essere il padre del figlio che aspetta.

Poi Caris viene accusata di stregoneria, e per salvarsi, si fa monaca. Diventa addirittura badessa, e quando potrebbe rinunciare ai voti a andarsene con Merthin, scoppia la peste, e lei si sente in obbligo di curare i malati.

Ma neanche per Gwenda le cose filano lisce. Si è innamorata di Wulfric, il bellone del paese vicino, che però è fidanzato con Annett, un’oca giulia che civetta con tutti. Quando Wulfric, per difendere Annett, rompe il naso a Ralph, comincia una serie infinita di sventure, perché Ralph finirà per diventare conte e non rinuncerà mai alla vendetta.

Tra i tanti avvenimenti, vediamo perfino suor Caris che parte per andare in Francia in cerca del suo vescovo (le serve un permesso) che si è unito all’esercito per l’invasione del paese. Potere immaginarvi cosa la aspetta sul suolo nemico sulle tracce di un esercito che sparge violenza ai quattro venti. Tra una battaglia e una fuga, tuttavia, riesce ad avere un’avventura di una notte con la suora che l’ha accompagnata.

Poi nel 1348 scoppia la peste che fa strage in tutte le classi sociali. I frati scappano guidati da Godwyn, cugino di Caris, e la città rimane sfornita di guida spirituale. I morti si accumulano nelle fosse comuni e i campi rimangono incolti perché manca la gente che li lavori. Caris si dà da fare per curare le persone con una parvenza di scientificità (parola grossa), e non è facile perché deve combattere contro i frati medici, molto più conservatori e inefficacia

Ho ristretto gli avvenimento principali in poche righe, perché anche solo citare i nomi di tutti i personaggi richiederebbe troppo tempo.

Ken Follett dispone di un team di esperti storici che lo supportano in molte fasi della scrittura, è per questo che il romanzo abbonda di dettagli e l’ambientazione è così ricca.

Anche le motivazioni psicologiche però sono ben costruite.

Un commento generale sui personaggi: spesso le donne sono più sveglie e più resilienti degli uomini, vedi Gwenda e quello che diventerà suo marito, Wulfric. Inoltre, l’immagine dei frati che ne esce non è molto lusinghiera: l’attività principale dell’abate è macchinare per acquisire più potere e per manovrare le elezioni delle cariche cittadine, in modo che arrivi al potere qualcuno di favorevole al potere religioso.

Anche se il romanzo è ben costruito, a volte si ripetono certi elementi, come se l’autore dubitasse che il lettore si ricordi tutto. Grazie della fiducia.

Libri così li leggi volentieri, ti fai un’idea di come funzionavano le cose settecento anni fa. E sapete una cosa? L’uomo è sempre lo stesso. I poveri e i ricchi ci sono sempre stati, gli intelligenti e gli stupidi ci sono sempre stati, gli altruisti e gli egoisti ci sono sempre stati. Ma ogni tanto meglio leggere un romanzo, così, per non dimenticarcelo.

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