I leoni di Sicilia (Stefania Auci) @EditriceNord

Ne avevo sentito parlare bene e questo romanzo merita la sua fama. Ben scritto, ben documentato. Molto piacevole e consigliatissimo.👍🏾🧨😍

E’ un romanzo storico incentrato sulla famiglia Florio.

Nel 1799, Paolo Florio, in seguito a un terremoto, decide di lasciare Bagnare in Calabria e di trasferirsi a Palermo per dedicarsi al negozio di spezie di cui è comproprietario col cognato. Porta con sé la moglie Giuseppina, il piccolo figlio Vincenzo e il fratello minore Ignazio.

Giuseppina si trasferisce di malavoglia: non le va di abbandonare la casa di famiglia (che è comunque passata al marito in dote) né la cognata Mattia, che è l’unica che le ha offerto una spalla su cui piangere: perché Giuseppina non ama il marito Paolo. Il matrimonio è stato organizzato dai genitori per motivi economici, come succedeva a quei tempi.

I fratelli Florio, Paolo e Ignazio, arrivano a Palermo e si tirano subito su le maniche: affrontando il malanimo dei commercianti locali e senza farsi scoraggiare dalle prime difficoltà, riescono a tirar su un’azienda che crescerà e crescerà fino a diventare, con il figlio e nipote Vincenzo, un impero.

Dalle spezie, passeranno al tonno, all’olio d’oliva, al vino, al caffè, allo zucchero, al cotone; si allargheranno al settore assicurativo e bancario (passando probabilmente attraverso qualche prestito ad usura), arriveranno a possedere una flotta. Firmeranno contratti con commercianti e politici di mezzo mondo. Spetta a loro l’invenzione del tonno sott’olio.

Eppure, nonostante la loro crescita economica, soffriranno sempre di ansia da prestazione nei confronti dei nobili locali: per quanto riescano a passare da una catapecchia a un palazzo degno di un re, saranno sempre considerati dei facchini venuti da fuori. Sarà il cruccio più grande dei Florio, soprattutto di Vincenzo, che rincorrerà il titolo nobiliare per tutta la vita.

Lo rincorrerà anche attraverso il matrimonio.

Innamoratosi della figlia di un commerciante di Milano, Giulia, fin da subito mette in chiaro che non la sposerà. Ne farà la sua mantenuta ufficiale, sempre ricordandole che lui sta cercando una moglie di sangue nobile (anzi, in realtà ha lasciato alla madre il compito di trovargli una compagna adatta).

Da questa relazione nasce una figlia. Poi una seconda. E Vincenzo continua a rifiutare di sposare Giulia. A meno che… non gli faccia un maschio. Un erede per il patrimonio dei Florio.

E il maschio arriva. Lo chiamano Ignazio, in onore dello zio. E col maschio, Vincenzo decide finalmente di mettere in regola la situazione di Giulia (“E tanto ci voleva?” dice il prete che gli farà firmare l’atto di matrimonio).

Oltre alle imprese commerciali e ai problemi familiari, il romanzo ben racconta anche il clima di quegli anni: nell’Ottocento è tutto un susseguirsi di rivolte e restaurazioni, e i Florio riescono ad attraversare questo mare in burrasca come fanno le loro navi che si spingono fino nell’America latina. Vincenzo non si tira indietro se l’opportunismo può servire alla sua causa: arriva a comprare un carico di armi in Inghilterra per i rivoltosi, ma anche a lasciare che i Borboni e il nuovo regno “piemontese” si servano delle sue ricchezze per pagare i costi militari.

Gli eventi sono molti, non si possono riassumere senza togliere bellezza al romanzo.

Solo una riflessione sul ruolo delle donne: erano poco più che merci di scambio.

Giuseppina è costretta a sposare Paolo (e per tutta la vita rimpiangerà di non aver sposato Ignazio, neanche dopo esser rimasta vedova): dovrà seguire marito dove e quando lo deciderà lui e questo le avvelenerà la vita.

Una pensa: beh, questa esperienza le avrà insegnato qualcosa sulla posizione delle donne. E invece, quando c’è da cercare una moglie per il figlio Vincenzo, la sua unica preoccupazione (oltre al blasone) è che la futura moglie sia giovane e flessibile per piegarsi meglio ai desideri del marito.

E che dire delle figlie di Vincenzo? Se non fosse nato il maschio, sarebbero rimaste figlie illegittime, e Giulia stessa sarebbe rimasta per sempre la poco di buono del paese. Le figlie lo sanno, ma alla fine decidono di sposarsi alla meno peggio, pur di allontanarsi da un padre che sanno preferire il figlio maschio.

Per anni Giulia ha lottato contro la paura di essere abbandonata, perché Vincenzo poteva prometterle di occuparsi di lei anche dopo il matrimonio con una nobile, ma si sa come vanno queste cose…

Ma Giulia non solo era determinata a dare un futuro alle figlie: era anche davvero innamorata di Vincenzo. Deve essere stato difficile. Perché al di là dei soldi, dei gioielli, dei tappeti persiani, dei palazzi, delle industrie, lei viveva con uno che pensava costantemente alla Casa Florio, agli affari, agli accordi commerciali, alle persone con cui doveva firmare un contratto o litigare per un permesso.

Fino all’ultimo dei suoi giorni, lui non è mai stato capace di rivolgerle una parola d’amore. Era normale, a quei tempi. Ma la normalità quanto poteva aiutare una donna che si è trovata a gestire la responsabilità di apparire sempre irreprensibile per sé e per il marito?

9 Comments

Filed under Libri & C.

9 responses to “I leoni di Sicilia (Stefania Auci) @EditriceNord

  1. In un paese in cui tutti scrivono autobiografie, anche gli scrittori di professione, non solo emerite nullità come personaggi televisivi e politicanti, un romanzo famigliare almeno assolve al compito minimo di uno scrittore/scrittrice. Me l’hanno consigliato in tanti. Questa recensione non è che l’ultima goccia. A gennaio lo leggero’.

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    • Le autobiografie, soprattutto di sportivo e personaggi dello spettacolo, impazzano non solo qui. Direi anzi che i paesi anglofoni hanno iniziato ben prima di ampi a riempire gli scaffali con libri di stelle e stelline. Bisogna solo fare un po’ di attenzione nella scelta, tutto qua. Nel mucchio di trova anche qualche gioiellino.

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      • La cosa preoccupante è che in Italia le autobiografie sono diventate di dominio anche di scrittori di professione. L’editoria anglosassone non brilla, ma quella italiana è molto ma molto più vigliacca.

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      • Se una è scritta bene, cerco di farmi passare il fastidio e la leggo. Ad esempio ho trovato interessante Open di Agassi (scritta da uno scrittore) e ho trovato superflua quella di Rita Dalla Chiesa (chiunque l’abbia scritta).

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      • Molti mi hanno parlato della autobiografia di Agassi in termini superlativi, tra cui amici fraterni di cui conosco gusti e apprezzo formazione e letture. Non l’ho letta perché non seguo il tennis, ma prima o poi dovrò cedere. So che quella di Agassi è stata scritta da un premio Pulitzer, per cui non mi riesce difficile pensare che sia tecnicamente scritta bene. Inevitabile, come hai accennato tu in un altro post, che un paese provinciale come l’Italia, e sovrastata da complessi di superiorità ed inferiorità, copi mode anglofone ed anglofile, specie se di derivazione nordamericana. In questo trovo abbastanza naturale che le librerie italiane siano piene di autobiografie di ogni, scopiazzando andazzi nati in altri posti. Mentre scrivo, sono in Spagna da una settimana, dopo averne passata una in Italia un mese fa, il tutto diluito dalla mia residenza in Belgio. E la comparazione tra i tre paesi, a livello di editoria (ad ogni viaggio passo dalle 3 alle 4 ore in librerie varie, visitandone almeno 4) non è tanto nel numero di autobiografie e biografie, è più nel vedere che in Italia, in una qualsiasi libreria entri, esiste una sezione di proporzioni abbastanza grande su “roba esoterica”, che di pari passo va ad un numero esiguo di pubblicazioni di divulgazione scientifica, e quando scorri i titoli di autori italiani, negli scaffali di narrativa, che vanno per la maggiore, sono per lo più biografie o variazioni sul tema. Non farmi fare nomi… avevo comunque scritto un post al riguardo. Ancora un saluto. Fritz.

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      • 🤣🤣👏👏 comunque io il tennis non lo seguo proprio. Se Agassi avesse praticato un altro sport, i contenuti sarebbero rimasti validi comunque.

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      • Si, mi hanno parlato delle pagine struggenti in cui si narra del rapporto con il padre. Facevo riferimento al tennis, perché sicuramente se avessi trovato una autobiografia scritta bene, come nel caso di Agassi, di un ciclista, un pugile o un calciatore (sport che seguo da quando avevo 6 anni), l’avrei già divorata. C’è sempre un fattore empatia nello sport e nei suoi più grandi interpreti almeno per me. Conosco Agassi, per la sua fama. Purtroppo o per semplice ventura, non seguo il tennis.. fossi un fan del tennis l’avrei già letta.. spero di non essermi incartato nella mia spiegazione.

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      • Calciatori non so… Pugili: ho letto solo True di Tyson ed è scritta con lo stile di un tredicenne. E poi non è una personalità che mi è congeniale 😕

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      • Di calciatori ho letto l’autobiografia di Cruijff per esempio. Ma ci sono pochissimi calciatori di cui leggerei una biografia (Cruijff mi piaceva perché oltre ai piedi usava la testa). Di giocatori moderni leggerei solo la biografia di Tevez, nel caso qualcuno la scrivesse. Sul ciclismo leggerei di Eddy Merckxs. Sul pugilato sarei interessato a Mohammad Alì, anche se alla fine ho visto vari film e documentari su di lui e Sugar Ray Leonard. Dimenticavo l’automobilismo. Senna (il documentario in film realizzato più di 10 ann8 fa era eccellente) ma anche Mansell. In ogni caso ci deve essere una “scintilla” nel personaggio e nel suo impatto nello sport che ha praticato. Buona giornata.

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