Relazione pericolosa

“Mi raccomando, se lo scriva: giovedì alle 17:45”

Così mi ha detto l’impiegato dell’anagrafe quando mi ha fissato l’appuntamento per il rinnovo della carta d’identità.

Alle 17:45 in punto mi son messa in coda. Davanti a me c’erano solo due signori, e l’impiegato dell’anagrafe, lo stesso che mi aveva dato l’appuntamento, stava sbuffando perché il “bussolotto” non accettava la documentazione online.

Quando mi ha vista, mi ha chiesto: “Lei cosa deve fare?”

“Il rinnovo della Carta d’identità. Ho appuntamento alle 17.45”.

“Impossibile, a quest’ora non prendo appuntamenti”.

“Guardi che ho parlato proprio con lei, la prossima volta la registro.”

Mi son seduta e ho aspettato pensando: da qui non mi schiodo. E in attesa che il computer si sbloccasse, ho raccolto tutte le informazioni possibili sull’impiegato: data di nascita, parenti, foto, hobby, inizio lavoro in municipio ecc…

No, non sono una detective, ho semplicemente aperto la sua pagina Facebook.

Quando finalmente il PC si è sbloccato, il tipo prima di me se ne è andato.

Solo uno però. L’altro è rimasto attaccato allo sportello. Quando gli ho chiesto se doveva fare qualcosa, mi ha risposto di no. Però da là non si è schiodato, neppure mentre l’impiegato metteva dentro i dati, acquisiva la mia firma digitale e le mie impronte.

Ad un certo punto questo signore si lamenta con l’impiegato:

“Ma guarda te se per bere un’ombra con te devo prendere appuntamento!”

L’impiegato: “Guarda che oggi è il primo settembre e ho già lavorato un’ora e trentasei minuti a gratis per il comune!”

Non gli ho detto che io tutti i giorni lavoro mezz’ora in più per la mia azienda, a-gratis, ed è una cosa così scontata che nessuno pensa mai di farlo notare. Non gli ho detto che seguo i reclami, dunque ogni giorno che entro in ufficio so, per definizione, che sarò in contatto con gente arrabbiata. Non gli ho detto che conosco la sua famiglia, i suoi amici e il suo indirizzo.

No, sono stata zitta, sorridente come una qualunque donnina innocua. Non ho detto una parola in più di quelle che mi son state richieste.

Perché un impiegato del municipio ha… il potere.

Ogni volta che intraprendi un qualche tipo di rapporto con un burocrate, non importa di che ordine e grado (ma la cosa vale di più se il grado è basso), se gli gira male può bloccarti la pratica: non importa che tu abbia rispettato la procedura, abbia messo tutte le spunte ed eseguito tutti i pagamenti. Se gli gira male, tu ti rifai le carte da cima a fondo, torni a casa, perdi il tuo santo tempo, riprendi l’auto e ritorni in municipio (o chi per esso) e ricominci la trafila.

E per quanto mi piacciano le divise, mi dispiace dirlo ma vale anche per polizia e carabinieri. E per gli impiegati dell’Inps, e per i CAAF, e per gli addetti degli aeroporti, e per certi medici, e per tutti quei soggetti CHE NON PAGHI DIRETTAMENTE.

La relazione che intrattieni con un rappresentante della burocrazia italiana è pericolosa, è sul filo del rasoio, basta un soffio, perdi l’equilibrio e ti tagli. Bisogna essere deferenti, sorridenti, accondiscendenti.

Non mi riesce sempre, sappiatelo.

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