Schade, questo è un libro che col mio livello di tedesco non posso ancora godermi, perciò lo sospendo a pag. 178 (su 300).
Però posso dirvi di cosa tratta fino a pag. 178😁

E’ basato sulla versa storia di Oskar Pastior, un internato rumeno in un campo di prigionia russo verso la fine della seconda guerra mondiale.
Il protagonista ha iniziato a lavorare su questo libro insieme alla scrittrice ma è morto prima che fosse finito, così la Mueller ha deciso di arrivare fino alla fine da sola, sulla base delle lunghe conversazioni che i due avevano intrattenuto.
Oskar Pastior era un tedesco che viveva in Romania e quando i russi hanno dichiarato guerra alla Germania, si è automaticamente trasformato in un nemico. Ma quando sono andati a prenderlo alle tre di notte, lui si sentiva quasi leggero: non gli dispiaceva lasciare l’ambiente familiare, al quale doveva tener nascoste le sue avventure omosessuali clandestine.
Si pentirà della leggerezza con cui se ne è andato da casa.
E’ un romanzo/storia basato sugli oggetti: in un ambiente totalmente disumanizzato, gli oggetti assurgono a esseri viventi.
Pettini di lamiera per spidocchiarsi, cemento che vola ovunque, scarpe di legno e stracci al posto delle calze, un fazzoletto da naso di batista, le pale per il carbone, il carbone come merce di scambio, un cucù sfasato…
Ogni oggetto diventa la scusa per raccontare l’esperienza del campo.
Ci ho messo un po’ a capire cosa era una Pufoaika: non riuscivo a trovare il termine nel dizionario. La ragione è che, semplicemente, è un termine inventato (uno dei tanti). Si tratta di un giubbotto imbottito di ovatta, che ripara bene dal vento gelido ma che, in caso di pioggia, ti lascia fradicio per settimane.
Sopra tutti e tutto vola l’angelo della Fame, che tutto vede e tutto sa.
Solo Kati la pazza sembra sfuggirgli: mangia tutto quello che le capita a tiro, anche lo sterco, e per quanto sembri esser scesa nella scala dell’umanità, lei riesce a sopravvivere, a differenza di molti altri.
Decisamente da leggere in italiano.
È l’unico libro di Herta Müller che ho letto… in italiano, ovviamente. Ricordo che lo trovai bello ma un po’ pesante
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Sì, è più letterario rispetto ad altri resoconti sui campi di concentramento.
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