Sì, lo so, sono fissata, ma quando vado a un incontro con l’autore chiedo sempre cosa gli piace leggere.
L’ho fatto anche ieri sera con Malaguti, che ha ammesso che il suo gusto letterario si è formato a casa, usufruendo della biblioteca del padre (fortunello!), e che dunque ha una predilezione per i classici.
Si è autoaccusato di essere anche un po’ conservatore e di leggere pochi autori contemporanei: gli piacciono molto Bacchelli, Rigoni Stern (sembra si legga almeno una volta all’anno Storia di Toenle), Meneghello, Guareschi… Forse solo i romanzi storici di Wu Ming facevano eccezione a questa regola.
Ha però ammesso che la partecipazione al Campiello ha ampliato un po’ i suoi orizzonti.
E’ per esempio rimasto piacevolmente sorpreso dalla scrittura di Bajani ed è stato scioccato da Paolo Nori e dal suo uso della punteggiatura che a lui, insegnante di lettere in un liceo, ha lasciato quasi dei lividi negli occhi.
Anche Malaguti dunque conferma la mia teoria che gli scrittori bravi hanno avuto a disposizione fin da giovani un buon numero di libri in famiglia.
Io avevo al massimo una collana di libri rosa, Liala e Delly.
Non ho speranze…