Sono tante le persone che sanno scrivere bene. Questo però non significa che tutti siano scrittori.

Annie Ernaux, a mio parere, sa scrivere ma non rientra nel novero di quelli che io chiamo Grandi Scrittori.
In questo romanzo breve (o racconto lungo) ci offre la storia autobiografica della sua passione per un uomo, di cui non può dire il nome, perché la loro relazione era clandestina e lui era sposato. Ci dice come vivesse le giornate nell’attesa di lui, come tutto avesse perso significato, dal lavoro (era insegnante), ai figli, agli amici, tutto.
Lui è straniero, viene da un paese dell’Est non meglio identificato, e il suo francese, pur essendo buono, non può raggiungere le sfumature che ci si aspetta siano il pane quotidiano di un’intellettuale come Annie Ernaux, che legge libri di un certo spessore, che ascolta musica classica e va alle mostre d’arte.
Eppure…
Eppure perde la testa.
Tutto questo non mi importava. Senza dubbio perché potevo considerare i gusti di A., straniero, come differenze culturali in primo luogo, laddove in un francese quei medesimi gusti mi sarebbero apparsi d’acchito come differenze sociali.
Stiamo parlando di uno, insomma, che non è proprio laureato a Oxford, che beve forte e a cui capita di ruttare quando la bacia.
Ho reso l’idea?
E’ un libretto di poche pagine, una sessantina. La passione non dura molto, alcuni mesi. E quando è finita, quando un po’ alla volta si dissolve, anche se lei non avrebbe mai potuto credere in questa dissoluzione, la Ernaux è grata di aver vissuto un’esperienza del genere, perché se non l’avesse vissuta in prima persona non avrebbe mai creduto che una cosa simile potesse accadere.
Un libro da ombrellone, nonostante l’eleganza della scrittura.
Annie Ernaux è una straordinaria scrittrice
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