James è un diciottenne di New York che, in attesa di andare all’università, lavora nella galleria d’arte della madre. I suoi genitori sono divorziati, e la donna è appena tornata a casa abbandonando il nuovo marito a Las Vegas durante la luna di miele.

James è un tipo particolare, che qualcuno definisce “disadattato”: preferisce leggere (Trollope in primis), non frequenta i suoi coetanei, e i suoi migliori amici sono sua nonna e l’aiutante della galleria di sua madre. E’ comunque intelligente, ed è stato selezionato tra i migliori del suo stato per partecipare a una iniziativa che coinvolge i giovani degli Stati Uniti per riunirli a Washington e renderli consapevoli della grandezza del loro paese (in realtà non ho ben capito in cosa dovesse consistere questa iniziativa, e neanche James ne ha capito il senso).
Solo che durante questa scampagnata, succede qualcosa.
Non lo si capisce subito. James ammette di non essersi sentito a suo agio fin dall’inizio, con i coetanei e i compagni di stanza, ma solo dopo un po’ ci dirà apertamente cosa è successo, anzi, lo sapremo attraverso le sue sedute dalla psichiatra che lo ha in cura.
Non pensate che si tratti di un thriller. Il tema principale è la gioventù, il passaggio alla vita adulta, l’incapacità di capire cosa fare della propria vita. James è combattuto: gli piace leggere, ma non capisce la necessità di andare all’università. Il suo sogno è comprarsi una casa e vivere, anche di un lavoro modesto, senza dover frequentare troppa gente.
E’ un libro breve, appena 206 pagine. Ma… era anche necessario?
La domanda resta aperta, come resta aperta la domanda sul futuro di James.
Non mi convince molto… buon pomeriggio! 🙂
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