Ho scelto questo libro dallo scaffale per la copertina poco impegnativa, che richiamava alla mente un film romantico, leggero, con paesaggi immersi nell’acqua, avvolti nel silenzio. Dopotutto, dovevo iniziare a leggerlo nella sala d’aspetto di un fisioterapista (quanti libri leggo in questi posti!), perché dunque impegolarsi con i massimi sistemi?

Le prime pagine presentano l’ambiente lagunare in cui Tom Wingo è nato e vive attualmente con la moglie e tre figlie.
Ma subito si capisce che viene da una famiglia disfunzionale; il padre era un violento, la sorella Savannah ha cercato due volte di suicidarsi, il fratello è morto non si sa ancora come, e Tom non sopporta sua madre. Continuo a leggere, e si scopre che Tom è disoccupato da più di un anno e si sente insoddisfatto perché vive alle spalle della moglie medico, la quale gli mette le corna con un collega.
Stavo quasi per mettere via il libro quando il protagonista si è spostato a New York per andare a trovare la sorella in clinica.
E qui ho deciso che continuerò a leggerlo.
Perché ho una tale voglia di viaggiare, che mi basta incontrare il nome di una delle mie mete desiderate da sorbirmi un mattone di seicento pagine.
Fare sempre le stesse cose tutti i giorni, vedere sempre le stesse persone, parlare sempre degli stessi argomenti quasi sempre con le stesse parole: ecco cosa mi sta facendo questo virus.
Certo, la monotonia dà certezze e stabilità, ma ti atrofizza il cervello, ti fa perdere neuroni, e te ne rendi conto davvero solo quando esci dal solito ambiente asfittico.
Ecco cosa basta per farmi cambiare idea su un libro: le lettere che compongono il nome New York.
Ma mi pare di aver capito che tu poi l’abbia ricambiata ancora 😉
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Diciamo che ho confermato l’impressione iniziale della copertina:-)
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