E’ la terza volta che sospendo la lettura di questo libro… ogni volta riprendo dal punto in cui avevo interrotto, e dopo una cinquantina di pagine, risospendo di nuovo. Tra qualche anno lo finisco, abbiate fiducia.
Il fatto è che nonostante i fatti raccontati siano interessanti, Rampini non è accattivante. Forse mi sto abituando troppo ai saggisti di influenza anglosassone… O, forse, quello che cerco in un libro sull’Asia è l’aspetto tradizionale, strano, lontano, e non la situazione economica e sociale contemporanea.
Ad ogni modo, un paio di dati notevoli ve li riporto.
Rampini inizia parlando dell’India, la più grande democrazia moderna, con i suoi pro e i suoi contro. L’instabilità politica, ad esempio, così come il controllo del potere da parte della famiglia Gandhi (attenti: non sono diretti parenti del Mahatma, nonostante portino lo stesso cognome).
L’india è un coacervo di contraddizioni che si concretizza nel binomio tecnologia-tradizione. Da un lato il settore tecnologico è costantemente all’avanguardia, dall’altro ci sono le mucche che fanno la cacca davanti al parlamento.
L’elemento caratterizzante dell’avanzata indiana è l’attenzione data dallo stato all’istruzione.
Mille docenti, il vertice della scienza indiana, si dedicano a 3000 studenti (un rapporto di un professore per tre studenti, anche questo un record) che vengono mantenuti generosamente dallo Stato indiano.
Nelle scuole per i figli della middle class si insegnano tutte le materie in inglese fin dalla prima elementare.
In America e in Europa la gente risparmia anzitutto per prepararsi alla pensione, qui la prima finalità del risparmio è l’istruzione dei figli.
In India, fin dalle scuole elementari sono famose le gare di matematica.
Il numero dei laureati dell’India supera l’intera popolazione della Francia.
Poi, Rampini passa a parlare della Cina. Sono arrivata a pagina 152, e il focus è sull’economia e sulla situazione dello sfruttamento dei lavoratori, in particolar modo sulla presunta cecità delle aziende internazionali che fingono di non sapere cosa succede nelle fabbriche che producono per loro.
Nike, Adidas, Walt Disney… gli esempi sono molti.
Ma soprattutto, anche qui, l’istruzione è in testa all’agenda dei politici cinesi.
Non mi pare che si risparmi pensando alla pensione.La priorità uno è l’istruzione dei figli. Almeno per me e mio marito.
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Sembra che in Italia non si riesca neanche a risparmiare, a sentire i media. Spese inutili comunque ne vedo molte.
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