Il tentatore non “mette alla prova”, ma “commette un reato”, e il tentato che cede non è un “colpevole”, ma gode dell’innocenza della “vittima”.
La prostituta in quanto tentatrice è perseguitata dalla legge, mentre il cliente, in quanto cede a una forza a cui non può resistere, è innocente.
Ma perché questa sociologia che fa tesoro delle scoperte scientifiche mantiene la categoria mitico-religiosa della tentazione per lo spacciatore e per la prostituta, e adotta invece la categoria psico-biologica della forza irresistibile per il drogato e il cliente della prostituta?
Per sottrarre al drogato e al cliente anche la sola ipotesi di avere a disposizione la libertà dell’autocontrollo, perché solo persuadendo gli uomini che non si possono autocontrollare si può esercitare su di loro il controllo esterno a cui il potere per sua natura e per sua essenza tende.
(U. Galimberti (“L’ospite inquietante”)
Quando si dice.. dipende dai punti di vista….
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Credo sia il contrario. Il cliente è molto penalizzato tra multe salate e verbali, mentre le prostitute vengono “quasi” tutelate. Detto questo credo che ogni dipendenza parta da un bisogno di fuggire da se stessi. Chi ha l’anima vuota sente il bisogno di rifugiarsi nella perdizione. È molto più facile distruggersi che ricostruirsi.
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