Evviva i bersaglieri! (e i carabinieri, e i poliziotti e i finanzieri e tutti gli altri, ma…)

Ci sono bersaglieri un po’ dappertutto, in questi giorni: son simpatici, mettono allegria, è bello vederli in giro (ebbene sì, adoro le divise!).

Ma poco fa mi è caduto sotto l’occhio un estratto di “Prima dell’alba” di Paolo Malaguti:

In memoria dei 345 bersaglieri del XVIII Battaglione III Reggimento, cinque dei quali condannati alla fucilazione, uno condannato ai lavori forzati a vita, il caporale a 15 anni di reclusione militare, gli altri 338 a 3 anni di reclusione militare per abbandono degli alloggiamenti a Salesei.

Letta così, sembra la giusta punizione per dei soldati che sono scappati davanti al nemico, che hanno tradito la patria. E invece le cose non sono così semplici.

I libro di Malaguti parla dell’altra faccia della guerra: parla sì dei morti e dei mutilati a causa del nemico, ma si concentra sui morti e sui mutilati a causa dell’amico, del governo italiano.

Il romanzo è incentrato sulla fine, vera, del generale Graziani, che un giorno del 1931 è stato trovato morto sulla massicciata della ferrovia, apparentemente caduto da un treno in corsa.

Graziani: chi era? Un eroe di guerra, un organizzatore di aiuti e grandi opere, uno per il cui funerale si sono mosse le alte cariche dello stato. È anche però lo stesso che ha fatto fucilare seduta stante, senza processo, un soldato, perché, nel mettersi sull’attenti al suo passaggio, non si è tolto il sigaro di bocca.

Questo soldato è stato solo uno delle decine e centinaia di caduti a causa del governo italiano. Caduti che nessuno ricorda mai. Si fanno le piazze a Diaz, a Cadorna e compagnia bella, ma delle vittime del governo non si ricorda mai nessuno.

Certo, era una situazione di emergenza: c’erano i crucchi in territorio italiano, era appena successo il disastro di Caporetto. Graziani ha applicato – come d’altri, dopotutto – gli ordini dei suoi superiori. Dunque, scrivo “Graziani”, ma in realtà dovrei dire “governo”, così, con la “g” maiuscola.

Qualcuno si lamenta, a volte, che ho un problema con l’autorità: non è vero. Ho un problema con l’autoritarismo. A me piacciono le regole, quando favoriscono il vivere civile e, tramite di esso, l’essere umano. Non mi piace invece chi manda le persone a morire e a uccidere contro la propria volontà.

Non mi sento né anarchica né antipatriota, ma “per non saper né leggere né scrivere” (come dicono i personaggi di Malaguti) sono contraria alla guerra e a chi ti ordina di farla.

Dunque faccio mia la proposta dell’autore: piazze e strade intitolate a Diaz, Cadorna & C.? Sì, perché la censura storica fa più male che bene. Ma ristabiliamo la par condicio, e ricordiamo anche le loro vittime.

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Filed under book, Libri & C., Scrittori italiani

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