Il lungo sguardo, Elizabeth Jane Howard


Ecco la storia della signora Fleming, ma raccontata per episodi che risalgono indietro nel tempo, proprio come uno sguardo che, pian piano, si adatta alle distanze più importanti.

All’inizio siamo nel 1950: la signora Fleming è alle prese con la figlia Deidre, giovane e incinta e innamorata di un uomo che non ricambia; col figlio Julian, che sta per sposarsi con l’insipida June, senza un motivo specifico; col marito Conrad, che la tradisce.

Si passa poi al 1942, al 1937 e al 1927. Vediamo come si comporta Mr. Fleming, e prendiamo posizione (o per lo meno io l’ho presa contro di lui), conosciamo la sua giovanissima e bellissima amante; vediamo come anche la signora Fleming si conceda anche lei, per un breve periodo, un amante. Vediamo come era la signora Fleming da giovane, prima di conoscere il signor Fleming, quando era alle prese con un affascinante giovanotto che le faceva la corte. Vediamo come i due coniugi si sono conosciuti.

La scelta di prendere episodi così lontani l’uno dall’altro e di risalire il tempo all’indietro, ci permette di capire meglio certi atteggiamenti dei personaggi all’inizio, tuttavia,  siccome si tratta di sfumature psicologiche complesse, a volte ho sentito il bisogno di ricominciare certe parti dall’inizio, per vedere se coglievo meglio i nessi di causa ed effetto.

Del libro mi è rimasta impressa la patologica incapacità di comunicare. Non a causa di convenzioni sociali, ma proprio a causa della complessità degli stati d’animo.

E poi non ho potuto fare a meno di notare le somiglianze che legano la giovanissima Vittoria Fleming alla futura nuova June.

In entrambi i casi si tratta di due giovani con interessi limitati. Ma, essendo donne, il problema non sussiste, tanto si sposeranno.

In entrambi i casi ci si chiede: ma perché si sposano? In entrambi i casi l’assenza di amore è chiara alle due protagoniste… ne deduco che le motivazioni che le spingono ad agire, alla fine non sono chiare neppure a loro stesse. Sanno cosa manca loro per fare quel passo, ma non sanno cosa glielo fa fare.

Mi è piaciuto il libro?

Ho adorato lo stile della Howard. Ci sono delle parti che sono pura psicologia in forma letteraria. Eppure, certi dialoghi, mancati o espressi, sembrano non andare da nessuna parte. Credo sia un effetto voluto, ma leggendo mi vien da chiedermi: la gente è davvero così incapace di parlarsi? E la risposta che mi son data è no. Un fondo di verità c’è, ma solo un fondo.

 

 

 

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Filed under book, Libri & C., scrittori inglesi

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