La disobbedienza ed altri saggi, Erich Fromm

Eh no, ragazzi miei: facendo i bambini obbedienti non si arriva da nessuna parte. A dircelo è Fromm, e ce lo ha messo per iscritto un bel po’ di tempo fa. La civiltà è nata con un atto di disubbidienza: avete presente Adamo ed Eva, quelli che andavano in giro con la foglia di fico che poi non era fico? O Prometeo, che va a rubacchiare cose che non gli spettano? O tutti quegli scienziati che hanno messo in dubbio il pubblico sentire?

Limitandosi all’ubbidienza non si cresce, non si diventa liberi: ci si limita ad eseguire gli ordini.

Ora tutti diranno: anche io voglio essere libero! anche io! e io no?

No.

In realtà la gente dice solo a parole che vuol essere libera; perché quando si tratta di prendere decisioni e di assumersi le responsabilità che ne conseguono, tutti (anche io) alzano le mani e si giustificano: ma io ho fatto quello che mi ha detto lui/lei!

L’uomo inserito in un’organizzazione ha perduto la capacità di disobbedire, non è neppure consapevole del fatto che obbedisce. Nell’attuale fase storica, la capacità di dubitare, di criticare e di disobbedire può essere tutto ciò che si interpone tra un futuro per l’umanità e la fine della civiltà.

Certo, Fromm scriveva negli anni Sessanta sotto l’incubo del disastro atomico, ma la situazione attuale non è molto diversa, anzi, forse è peggiore, perché ci disinteressiamo di tutto quello che non ricade hic et nunc – qui ed ora – nel nostro orticello.

Questo è uno degli argomenti che Fromm affronta in questo breve saggio. Parla anche di socialismo umanitario (mettendoci in guardia dalla deformazione della teoria Marxista fatta dai politici), di reddito minimo garantito (e questo vi consiglio di leggerlo!), di disarmo unilaterale, di pratica della pace.

Parla all’uomo dell’uomo.

Ho adorato le pagine in cui distingue i profeti dai sacerdoti:

Possiamo definire profeti coloro i quali proclamano idee – non necessariamente nuova – e in pari tempo le vivono. (…) Chiameremo sacerdoti coloro i quali fanno uso delle idee che i profeti hanno enunciato.  I profeti vivono le proprie idee; i sacerdoti le somministrano a quanti hanno care le idee stesse. Le quali perdono così vitalità (…) accade sempre che la formulazione acquisti importanza una volta che l’esperienza sia morta.

Ecco perché la gente non crede più in niente: perché le idee che vengono fatte circolare oggi fanno appello solo alla nostra mente, non al nostro cuore. Ci mancano gli esempi.

Si può affermare senza tema di esagerazione che mai la conoscenza delle grandi idee prodotte dalla specie umana è stata diffusa in tutto il mondo come oggi, e che mai queste idee hanno avuto meno incidenza di oggi.

E poi, sentite come Fromm ci spiega il senso di colpa contemporaneo: coloro che lo provano

non sono tormentati da un problema morale, ma dal fatto di non aver obbedito a un ordine.

Che l’ordine venga da un’organizzazione o sia il precetto di un’autorità interiorizzato, la sostanza non cambia.

Dobbiamo lavorare su noi stessi. Tutti.

 

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Filed under book, Libri & C., Saggi, scrittori tedeschi, self-help

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