Quando sono arrivata alle ultime pagine di questo libro, ho pensato: meno male che – almeno nei libri – si rimedia al caos.
E il rimedio arriva, sebbene non dica come, per non spoilerare, e sebbene questo rimedio sia di dubbia moralità. E’ comunque stato un sollievo, perché la chiusura del cerchio non era così scontata, stando a come procedeva la storia.
Si tratta di un libro a metà strada tra il giallo e lo storico, che affonda le radici in una serie di omicidi realmente avvenuti tra il 1969 e il 1971, di cui si è poco parlato perché concomitanti con la strage di piazza Fontana e il suicidio (?) Pinelli.
Carcano ha una serie di meriti. Innanzitutto, complimenti per la ricerca storica: proprio perché si tratta di storia recente, molti dettagli erano “pericolosi”, molti li avrebbero dati per scontati, e, sebbene ci sia almeno un errore (mi pare relativo all’entrata in produzione di un modello di auto), ce ne sono tantissimi altri che mi hanno sorpreso (ad esempio, il passaggio dai taxi color verde a quello giallo). Mi è rimasto il dubbio in merito all’Autan, ma sto aspettando risposta alla mail che ho scritto alla ditta produttrice per sapere se era già in voga in quegli anni.
Altro complimento l’autore se lo merita per il linguaggio, o, meglio, i linguaggi utilizzati; mi riferisco innanzitutto al milanaccio (uè, però io son ‘na beluga, mica lo capisco tutto, eh?) e al poliziesco/malavitoso: mi è particolarmente rimasta impressa l’espressione “essere in bandiera”, per riferirsi a chi è latitante.
Anche le motivazioni dei personaggi sono ben costruite, e di personaggi qui ce ne sono molti, davvero. Forse però, e qui parlo a sentimento mio, proprio il protagonista suonava un po’ stonato: solo un po’. Nel senso che, avendo bisogno di un commissario bello e dannato, Carcano gli ha creato una causa di dannazione che – in un mondo violento come può essere quello dei poliziotti – non so se è davvero credibile al 100%. Mi piacerebbe sentire l’opinione di qualcuno che ha letto il libro: è possibile, è del tutto verosimile che Maspero finisca in una tale depressione, insonnia e vuoto di valori dopo aver ucciso (per difendersi) una ragazza sconosciuta perché ha scoperto che era incinta? E che continui a sognarsela di notte e che abbia bisogno di stordirsi di alcool, gioco d’azzardo, fumo e metedrina?
Mi è piaciuto molto anche come l’autore è riuscito a intersecare il mondo della polizia milanese con quello ecclesiastico, e mi è piaciuto un casino (secondo me è il personaggio più interessante, e spero che in un futuro libro gli sia dato molto più spazio) padre Jadran, della Congregazione del Sant’uffizio: i tramacci della Chiesa attizzano sempre:-)
Due aspetti che mi son piaciuti un po’ meno:
a) Ho capito che Maspero fuma Gitanes, non è necessario ricordarcelo a ogni pie’ sospinto (io odio il fumo!!);
b) L’uomo della copertina non è mica tanto ben proporzionato… come fa ad avere il braccio a quell’altezza?
Nel complesso, comunque, un libro perfetto sotto l’ombrellone (ma anche d’inverno, dai, una Milano così cupa sta bene anche davanti a un caminetto).
Ti leggo sempre con piacere, ma mai come stavolta, con questa tua recensione, mi hai proprio stuzzicato… Pensavo alla spalla di Carcano, Maspero… sarà mica che l’autore è appassionato di antico Egitto? Gaston Maspero è stato un egittologo dei primi del Novecento, e (se non ricordo male) il suo nome è legato alla tomba a gradoni di Saqqara… Mi sa tanto che ti ho dato altro materiale su cui porre attenzione…
Ti auguro un sereno pomeriggio! 😉
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Questo non lo sapevo! Sono stata da poco al museo egizio dove c’era una mostra sul fondatore, ma non ricordo questo nome! Grazie del collegamento, magari lo chiedo all’autore, che nel libro ha lasciato il suo indirizzò mail…
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Fai con comodo! Ricordo che al museo egizio c’è un monumento al suo fondatore, Ernesto Schiaparelli, E vado anche più in là: il tizio farmacista, quello della Borocillina (Schiapparelli) era imparentato con il fondatore del Museo, così come lo Schiaparelli astronomo. Il fatto che i due cognomi siano differenti, se non mi ricordo male, è perché in quel tempo c’era una duplice versione del cognome, ma la famiglia è la stessa! 😉 Sorpresa?
Grazie ancora! 🙂
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Non sono sorpresa perché nella mostra parlavano dell’astronomo. Belle famiglie, quelle, piene di libri…
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Eheh, come hai ragione… buon pomeriggio! 😉
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Ciao a tutti, ho appena finito di leggere anch’io il libro. Se non le avete notate ci sono anche altre imprecisioni: in un omicidio le coltellate trovate da Masperò non corrispondono a quelle annotate sul referto del medico legale, le vincite in bisca del commissario nella notte di Natale sono contraddittorie dopo molte pagine, in una lettera anonima lo scrivente era a conoscenza del nome della morta mentre Masperò aveva convinto i giornalisti di mantenere l’anonimato.
Anche io mi sono posto la domanda sulla commercializzazione dell’ autan nel 1970!
Nel complesso una buona storia….ho fatto presente all’autore che molte volte usa pochi sinonimi e ripete concetti già detti. Dovrebbe tagliare di più. …
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Sei molto più preciso di me! Con questo genere divento meno critica. La fase critica mi parte con l’embolo quando leggo saggistica, e ho tutte le pagine scritte…
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Diciamo che conoscendo l’autore con il primo libro è partita la segnalazione degli errori e delle sviste…..ora continua per tutti i libri! Lui dice che la casa editrice non si occupa della revisione del testo….
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E la casa editrice dirà che il libro lo doveva scrivere lui. Non lo sapremo mai.
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