Tra libri e realtà

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Siamo sbarcati stamattina a Venezia dopo una settimana di crociera sulla MSC Divina. Tutto (e tutti) belli, scintillanti, in mostra: per sette giorni di relax con la famiglia va bene, certo, però… però…

Parliamo di Istanbul.
Avevo riposto molte aspettative su questa meta. Lo stesso devono aver fatto gli altri turisti (solo la Divina ha riempito 60 autobus, senza contare i passeggeri che sono scesi per conto proprio). Avevo cercato di immergermi nell’aria di Bisanzio e Costantinopoli già a casa con alcuni libri. Tra questi non poteva mancare Istanbul di Pamuk.
Grave errore.
A parte la guida, che sembrava indecisa tra la veglia e il sonno, l’itinerario della nostra e delle altre escursioni era incentrato sullo shopping. Shopping era la parola d’ordine imperante.
A parte la moschea di Solimano (la foto ritrae il cimitero ad essa adiacente), che ho visitato superando la mia femminista ritrosia al velo, ci hanno portati a vedere: il Bazar delle spezie, il grande Bazar, una dimostrazione di giacche in pelle.

Shopping, shopping, shopping!
Venivo dalle foto in bianco e nero di Pamuk sulla nostalgica Istanbul, dalla sua enciclopedia Hayat, dai suoi scrittori tristi (mannaggia quant’è triste ‘sto libro!); venivo da romanzi gialli ambientati tra i giannizzeri; da saggi sul massacro armeno… e mi ritrovo circondata da commercianti che mi placcano per vendermi magliette e macinacaffè.
Non voglio sembrare snob: ho trovato la curcuma sfusa e ne ho fatto incetta. Strano che mi abbiano fatta risalire a bordo con tutta la polvere che mi portavo dietro.
Ma eravamo in 4000 passeggeri su quella nave: possibile che tutte le aspettative e i desideri ruotassero attorno a questa parola: shopping?

Te la annunciano al microfono, non importa in che lingua parlino, ormai è più internazionale di Ciao; te la propongono come se stessero per presentarti un’eminente personalità dello spettacolo, sorridendo in semiparesi.
La nave stessa è un enorme centro commerciale galleggiante, a ogni piè sospinto ti ricordano che al ponte X ti vendono i Rolex, al ponte Y ci sono i gioielli, al ponte Z i liquori.

Siccome mio marito ed io siamo ingenui, e non credevamo che la gente fosse così malata di shopping, abbiamo sbirciato sulle fatture che stamattina erano appese sulle porte di quelli che dovevano sbarcare.
Ops!
Non dovevo dirlo…
Abbiamo fatto qualcosa di veramente vergognoso.
Sono profondamente contrita (anche se non ho letto i nomi, mi interessavano solo i numeri).
Chissà se sono contriti anche i passeggeri con i conti a quattro cifre; o se invece, paghi degli status symbol invaligiati in mezzo alle mutande, tornano a casa un poco più felici di quando sono partiti.

Scrivo per invidia, ovviamente.

O forse no?

PS: come al solito, in mano ai passeggeri ho visto pochi libri in italiano. Ergo, o gli italiani leggono in tedesco, inglese, francese, spagnolo, turco, oppure non leggono per niente.
E questo è ancora più triste del libro di Pamuk.

2 Comments

Filed under Libri & C.

2 responses to “Tra libri e realtà

  1. Non credo sia possibile acquistare un pacchetto vacanza oggigiorno, da nessuna parte, senza poi incappare nella parola ‘shopping;.
    Anche se vai nelle parti piu’ remote del pianeta, prima o poi trovi qualcuno che cerca di venderti qualcosa. Ho un’amica che ha fatto trekking su Machu Picchu, con un piccolo gruppo di sei esploratori, eppure li’ alla fine sono arrivati in un piccolo villaggio dove hanno cercato di vender loro degli oggetti o abiti fatti da loro. Niente di male, visto che quelle persone vivevano di questo. Ma come si fa ad uscirne illesi, mi chiedo? Forse dovremmo proprio andare in vacanza nella giungla o rinchiuderci in qualche monastero in Tibet.

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  2. Incredibile! Ma preferisco i poveretti del Machu Picchu e i masai del Kenia ai negozi di marca e gioielli…

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