Chi mi segue sul questo blog o sui vari gruppi di Linkedin, saprà che una delle mie “ossessioni” riguarda la scarsa diffusione della letteratura italiana all’estero. Perfino gli scrittori (che dovrebbero intendersene di letteratura internazionale) statunitensi non sanno chi siano la Mazzantini, Cotroneo, Veronesi, e molti altri autori italiani. Per me, è una questione di debolezza economica delle case editrici italiane (e non una questione culturale, come mi è stato rinfacciato da un professore polacco su Linkedin, che mi ha detto che la letteratura italiana non può più essere trainante perché siamo superati… l’accenno a Berlusconi è seguito quasi come la notte al giorno…). Ma questa è solo la mia opinione.
Qui riporto il punto di vista dello scrittore tedesco Andreas Eschbach. Di questo autore di fantascienza troviamo alcuni titoli tradotti in italiano, come Lo specchio di Dio (Fanucci, 2002), Nippon Story (Solaria, 2002), Miliardi di tappeti di capelli (Solaria), e sul suo sito c’è una bella sezione di domande e risposte. Purtroppo la troviamo solo in tedesco, francese o inglese, dunque qui traduco la parte che mi interessa:
Lei dice che oggi nella percezione del pubblico i romanzi tedeschi di fantascienza non possono far fronte alla concorrenza internazionale sul piano dello stile, della lingua e in generale della scrittura. Da cosa dipende? Non capisco perché gli scrittori di lingua inglese debbano avere gli strumenti migliori. Ci sono esempi concreti? Forse in generale la loro lingua è più potente?
In realtà non ha nulla a che fare con la potenza della lingua, perché quello che ho detto vale anche per le traduzioni in tedesco. No, gli autori di lingua inglese non hanno gli strumenti migliori, e questo per motivi che affondano le proprie ragioni nella storia della letteratura. Mentre da queste parti la letteratura si sviluppa nell’orbita del mecenatismo e del culto del genio, nei paesi anglosassoni è sempre stata indirizzata all’accettazione del pubblico. Anche Shakespeare si preoccupava soprattutto di riempire il teatro; penso che oggi se ne fregherebbe della sua gloria postuma. E questo oggi è ancora più vero.