Scusatemi se oggi insisto con Eschbach, ma dice un paio di cosette che davvero non saprei esprimere meglio. Così vi traduco anche questo breve commento su uno dei falsi miti della letteratura:
“L’aver scritto poesie è una prova di talento letterario.” La verità è che quasi tutti in un determinato periodo della propria vita hanno provato a scrivere poesie – almeno nell’adolescenza –che fossero profondi sdolcinatezze o fosche lamentele sul dolore dello stare al mondo. Quasi la totalità di questa produzione viene nascosta e, prima o poi, buttata via, e di solito questo non comporta alcun danno alla letteratura.
Fin qui tutto bene, se gli editori e tutti gli autori più o meno conosciuti non fossero bombardati di poesie di persone che si ritengono geni incompresi. Sandra Uschtrin una volta a ragione a detto che la lirica sarebbe il principale mercato delle belle lettere se tutti quelli che scrivono poesie, leggessero anche poesia. Ma siccome non c’è verso di vedere neanche un volume di poesie nella lista tedesca dei bestseller, si può dedurne che la scrittura poetica si basa su una grande illusione: la maggior parte delle persone scrive poesie perchè si finisce in fretta e sembra così facile – qualche parolina di significato oscuro e si ha finito. Ma senza il vero scambio con le opere degli altri – un ripiano della libreria pieno di volumi poetici, da Goethe ad Heine fino a Kirsch e Rühmkorff, e centinaia di poesie che si sappiano a memoria – nel migliore die casi abbiamo solo una specie di diario (…).