ALLA RICERCA DI MARCEL PROUST è un libro di Maurois del 1958. I testi che trattano dell’inversione vengono dichiarati come inediti, molti appartengono alla signora Mante-Proust, nipote dello scrittore: non so se sono ancora inediti.
“… poichè essa è basata su un’identità di gusti, di bisogni, di abitudini, di pericoli, di tirocinio, di conoscenza, di traffico, di vocabolario, per la quale gli stessi membri che desidererebbero di non conoscersi si riconoscono subito da segni naturali o convenzionali, involontari o voluti, che designano a un mendicante uno dei suoi simili in un gran signore a cui chiude lo sportello della carrozza; a un padre uno dei suoi simili nel fidanzato della figlia; a colui a cui occorre guarire, o confessarsi o essere difeso, uno dei suoi simili nel medico, nel prete, nell’avvocato che va a consultare, tutti obbligati a proteggere il loro segreto, ma che possiedono in parte il segreto di altri, segreto che il resto dell’umanità non suppone, e che fa sì che per costoro i più inverosimili romanzi di avventure sembrino veri (…)”
Dice Maurois: “E’ rischioso e pericoloso per un romanziere trattare questo soggetto interdetto, oppure relegato negli inferi delle biblioteche. La serietà della sua opera, la bellezza del suo stile, non potrebbero proteggerlo che agli occhi di lettori degni di lui; ma migliaia di altri lettori, e perfino scrittori e critici, lo abbandonerebbero e lo giudicherebbero alla sola enunciazione del titolo e del tema. Marcel proust lo sapeva, e si aspettava di perdere la maggior parte dei suoi aici quando venisse pubblicato il vero Charlus. Ma egli considerava il rispetto per la verità la principale virtù per un artista, aveva osservato che parte importante avesse nella vita l’amore aberrato; e sentiva un bisogno irresistibile di esprimersi sinceramente su questo problema”.
Maurois si chiede se l’omosessualità di Proust può avere degli effetti sulla sua opera, se la conoscenza che egli ha dell’universo femminile può esserne in qualche modo inficiata. La risposta è no, ma non al 100%. No, perchè comunque Proust frequentava e conosceva tantissime donne; e no, perchè l’analisi dell’amore (un’analisi molto pessimista) è indipendente dall’oggetto amato. Comunque un’influenza c’è, dice Maurois: “Proust ha trascurato, nella sua analisi dell’amore, gli istinti particolari della donna, la natura completamente diversa della sua sensualità, il suo bisogno di attaccamento e di durata”. Il problema è in parte risolto dal fatto che non doveva descrivere nessun personaggio femminile dall’interno, perchè tutto è scritto in prima persona (il Narratore è un uomo). Però Maurois, a differenza degli altri punti, non mi esemplifica i punti in cui Proust ha “cannato”: io non ho letto tutti i volumi della Ricerca…
“Esistono creature che si rifiutano di vedere le cose che stanno dall’altra parte dell’orizzonte. Quest’opera non è stata scritta per costoro. ma le anime coraggiose che osano affrontare le vicende del cuore; tutti coloro, uomni o donne, che vogliano conoscersi così come sono in realtà, e non come dovrebbero essere; tutti coloro che amano la verità più di quanto amino la felicità, e che non credono alla felicità senza la verità, costoro cercheranno in questa prova, in questa sofferenza che l’accettazione del mondo di Proust, così nuovo e spietato, significa, vie difficili verso un amore migliore”.