Il libro del riso e dell’oblio, Milan Kundera

Nella mia solita ignoranza, quando ho iniziato a leggere, pensavo di trovarmi davanti a un romanzo. E invece è un insieme di racconti e riflessioni collegati, ma neanche sempre, dai temi del riso e dell’oblio, anzi, come dice lui, è un romanzo in forma di “variazioni”. Ci sono tanti spunti autobiografici, Kundera parla del suo allontanamento da Praga e della memoria del suo paese, ma, visto che uno scrittore serio non resta impantanato nel suo orto, anche dell’oblio che ha investito quelli che sono rimasti e che hanno rinnegato le vecchie idee: “E allora questi uomini giovani, intelligenti e radicali ebbero di colpo la strana sensazione di aver messo al mondo un’azione che aveva cominciato a vivere di vita propria, cessando di assomigliare alle loro idee e non curandosi più di coloro che l’avevano partorita”.

“Mirek riscrive la storia esattamente come il partito comunista, come tutti i partiti, come tutti i popoli, come l’uomo. Gli uomini urlano di voler creare un futuro migliore, ma non è vero. Il futuro è solo un vuoto indifferente che non interessa nessuno, mentre il passato è pieno di vita e il suo volto ci irrita, ci provoca, ci offende, e così lo vogliamo distruggere o ridipingere. Gli uomini vogliono essere padroni del futuro solo per poter cambiare il passato”.

Kundera ha i suoi demoni che tornano periodicamente in quello che scrive: “Lo scherzo è il nemico dell’amore e della poesia” è una frase che richiama il suo libro Lo Scherzo, mentre “L’amore non può essere ridicolo. L’amore non ha nulla in comune con il riso” richiama Amori Ridicoli. E poi, ancora, il “peso della leggerezza”…

E poi ci sono riflessioni generali, quelle che ci piacciono tanto perché ci fanno risuonare l’eco tra i polmoni: “Scriviamo libri perché i nostri figli non si interessano a noi. Ci rivolgiamo al mondo anonimo perché nostra moglie si tura le orecchie quando le parliamo”.

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